2018 anno calamitoso per l’olio extravergine d’oliva
Per decenni siamo stati il maggior produttore al mondo di olio extravergine di oliva, ma nel recente passato siamo stati scavalcati da paesi quali la Spagna, la Tunisia, la Grecia che hanno investito ingenti risorse a differenza dell’Italia che a lungo ha vissuto di rendita.
Tra le ragioni principali di questo arretramento vi è l’abbandono della coltivazione, la eccessiva frammentazione della struttura produttiva ed il mancato ammodernamento delle aziende.
L’andamento della produzione è in forte calo, a differenza degli agguerriti concorrenti, europei e mondiali, che registrano tassi di crescita notevoli.
Per risalire le classifiche internazionali servirebbero almeno 150 milioni di nuovi olivi e 25 mila nuovi addetti per garantire il ricambio generazionale nei campi, come pure necessita una politica di investimenti e un orientamento favorevole nei confronti della tecnologia, dell’innovazione e dell’impresa.
La produzione di quest’annata si aggira sui 215.000 tonnellate di olio a livello nazionale che è esattamente la metà di quella del 2017 che fu di 430.000 tonnellate.
Pessimo risultato dovuto alle cattive condizioni meteorologiche che hanno flagellato la penisola per quasi tutto l’anno, alle emergenze fitosanitarie quali la xylella e i numerosi attacchi di agenti parassitari, quali la tignola e la mosca, e per finire la lunga, calda, ventilata e umida estate.
I cali più consistenti si sono registrati nelle due regioni olivicole più importanti, Puglia e Calabria, ma anche in Campania, Sardegna e Sicilia la contrazione è stata notevole, perdite seppur minori si sono avute in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo.
Se per le regioni del Centro-Sud si tratta di una tribolazione che rimarrà impressa a lungo nella memoria, per Toscana +15%, Liguria +25%, Veneto +35% si registrano ottime performance di crescita grazie al favorevole clima estivo e al fatto che le piante risparmiate dal gelo hanno presentato una straordinaria produzione che compensa le perdite.
La Calabria ha dovuto subire l’attacco degli agenti patogeni e un’estate con clima parecchio instabile e mutevole e ciò ha causato una perdita del 70% passando da poco più di 71.000 tonnellate del 2017 ai 21.000 di quest’anno.
La Puglia, che nella passata stagione produsse 206.000 tonnellate ovvero il 48% della produzione nazionale, ora deve accontentarsi di 91.000 tonnellate e scende al 42% della produzione nazionale, con una perdita annuale del 56%.
Le zone più colpite dalle gelate sono state le province di Bari e di Barletta-Andria-Trani, in particolar modo le zone dell’entroterra murgese ove in alcune zone le perdite hanno superato il 70%, è andata abbastanza meglio lungo tutta la fascia costiera che ha fatto segnare modesti incrementi.
Abbiamo affrontato l’argomento con Mario Colella, produttore agricolo domiciliato nel cuore dell’oliva pugliese: Corato.
Il padre Nicola per diversi anni china la schiena ponendo le proprie braccia al servizio dei proprietari terrieri della zona sino al giorno in cui, visto che era riuscito a mettere da parte un gruzzoletto, decide di rischiare mettendosi in gioco e compra un pezzetto di terreno tutto suo.
Siamo nel 1978. Essendo abituato a lavorare, non risparmia energie e continua a mettere da parte gli utili e così acquista altri pezzetti di terra. Intanto Mario cresce e si affeziona all’attività paterna, essendo di un’altra generazione e sviluppatosi con una mentalità diversa comprende immediatamente che le vecchie tecniche di commercializzazione rendono poco e che bisogna adeguarsi al progresso in continua espansione.
Nicola raggiunge i limiti di età e le redini passano nelle mani di Mario.
Il primo obiettivo che si pone è di privilegiare sempre e comunque la qualità. Il secondo è quello di uniformarsi alle innovazioni e alle tecnologie di marketing del XXI secolo.
Sfidando la tradizione ed i sistemi abitudinari, nel 2004 decide di vendere la propria produzione quasi esclusivamente a domicilio di privati e di attività pubbliche ma soprattutto via web.
Oggi il brand è commercializzato nei cinque continenti con un trend di crescita positivo. L’obiettivo primario è quello di incrementare le vendite in quel vasto ed appetitoso impero chiamato Cina.
“Purtroppo spesso ci troviamo a combattere contro i mulini a vento e veniamo abbandonati al nostro destino. Dalle gelate siberiane di fine febbraio scorso, che ha colpito in maniera paurosa il nostro territorio, si sarebbe dovuto dichiarare subito lo stato di calamità ed invece Regione Puglia e MiPAAF ci hanno denigrato con il risultato che molti produttori stanno attraversando giornate poco tranquille”.
È una storia ascoltata e letta tante di quelle volte specie se i produttori sono di piccola o media dimensione, la classe politica anziché fare proprie le difficoltà che subiscono le nostre aziende, preferiscono dedicarsi ad attività meno impegnative e più spensierate.
“La Puglia produce quasi la metà dell’olio extravergine nazionale, sono interessate diverse migliaia di agricoltori per cui dovremmo essere ascoltati e incoraggiati. Dopo le gelate di fine inverno siamo stati colpiti sul finire dell’estate anche dalla mosca e da forti raffiche di vento che hanno dato il colpo di grazia. A ciò bisogna aggiungere lo scandalo dell’importazione dell’olio tunisino a dazio zero verso l’Europa ed il recipiente è colmo. Chi controlla i vari processi lavorativi in Tunisia? Chi garantisce sulla qualità del prodotto? Esiste una seppur blanda tracciabilità? I nostri governanti regionali e nazionali sonnecchiano”.
È un po’ come la storia del vino italiano che prima dello scandalo del metanolo del marzo 1986 veniva snobbato e trattato come di serie inferiore.
“Solo da pochi anni abbiamo compreso che la qualità deve essere tutelata e privilegiata. Chi non intende adeguarsi a tali parametri va messo fuori circuito perché danneggia l’intera categoria. Noi produttori di olio dovremmo imparare dai colleghi del vino i quali hanno saputo fare squadra e in breve tempo sono diventati i primi al mondo. Comunque ora anche in Puglia si notano segnali incoraggianti che lasciano spazio all’ottimismo, diversi brand si stanno affermando sui mercati nazionali e internazionali, per tanti decenni gran parte del prodotto era anonimo e privo di etichette da qualche anno si registra un’inversione di tendenza. Serve coraggio e spirito di iniziativa. Sino ad un paio di lustri addietro vi erano pochissimi intenditori degli aromi d’olio per fortuna vi è stata un’ottima crescita. Non sono pochi coloro che scelgono un eccellente olio senza badare al prezzo, un po’ come avviene con una bottiglia di vino d’annata. Chi sceglie la qualità, anche nell’immagine e nella confezione, sa bene che il costo è leggermente superiore. È questa la strada da seguire”.
L’olio, al pari del vino, rappresenta la nostra storia, la nostra tradizione, la nostra cultura, il successo del Made in Italy.
E come tale va rispettato e considerato.
bruno galante
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