I danni procurati dall’Ue al Made in Italy agroalimentare
Aumento record del 49% della produzione di falsi grana e parmigiano (cosiddetto parmesan) in Canada che è salita a ben 848mila chili ad agosto, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, l’ultimo prima dell’entrata in vigore del Ceta del 21 settembre 2017.
Lo rende noto la Coldiretti sulla base dell’ultimo dato del Governo canadese in riferimento alle positive dichiarazioni del vicepremier e Ministro delle Sviluppo Economico Luigi Di Maio sul fatto che “questo trattato così com’è non è ratificabile, dobbiamo tutelare gli agricoltori italiani e i diritti dei consumatori.”
“Per la prima volta nella storia del nostro Paese si legittima con un trattato che altri Paesi possano copiare i prodotti che hanno decretato il successo dell’agroalimentare tricolore” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini “la pirateria alimentare internazionale sottrae oggi al vero Made in Italy 100 miliardi di euro in forte aumento rispetto ai 60 miliardi di cinque anni fa”.
La diffusione del falso Made in Italy di produzione locale riduce lo spazio per i prodotti originali dall’Italia ed è infatti significativa – sottolinea la Coldiretti – anche la brusca frenata nella crescita delle esportazioni di Grana Padano e Parmigiano Reggiano in Canada che in valore fanno segnare un aumento di appena il’4% nei primi otto mesi dell’anno dopo essere balzate di ben 21% nel corrispondente periodo del 2017, prima dell’entrata in vigore dell’accordo.
Con la mobilitazione della Coldiretti, nei confronti del trattato in Italia hanno espresso contrarietà prima delle elezioni direttamente o attraverso gli schieramenti di appartenenza la maggioranza dei parlamentari italiani, 15 regioni, 18 province 2500 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine.
Per l’Italia l’opposizione è giustificata tra l’altro dal fatto che con il Ceta non tutela la maggioranza delle denominazioni di origine italiane riconosciute e accorda esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma possono anche essere liberamente prodotti e commercializzati dal Canada falso Parmigiano Reggiano e Grana Padano con la traduzione di Parmesan.
Un precedente disastroso che è stato riproposto dall’Unione Europea negli altri accordi successivi, da quello con il Giappone a quello con il Messico fino al negoziato in corso con i Paesi del Mercosur che sono grandi produttori di formaggi italiani taroccati.
Una notizia positiva invece è il dietrofront sull’etichetta a semaforo da parte delle multinazionali del cibo che abbandonano il progetto comune di utilizzare sui propri prodotti il sistema oggi utilizzato in Gran Bretagna, già al centro di numerose critiche.
Ad affermarlo è sempre la Coldiretti dopo l’annuncio da parte di Coca Cola, Nestlè, Mondelez, Unilever e Pepsi Cola di voler rinunciare al progetto di dotarsi di una propria etichetta nutrizionale, avviato nel marzo del 2017.
Il sistema, spiega Coldiretti, si basava sul modello del semaforo adottato in Gran Bretagna usando i tre colori, rosso, giallo e verde per segnalare la presenza di grassi, zuccheri e sale per le singole porzioni di cibo.
Dopo un anno e mezzo di tentativi, anche con il coinvolgimento di scienziati e gruppi di consumatori, i cinque colossi del cibo sono stati costretti a gettare la spugna per le opposizioni ad un sistema informativo incompleto e fuorviante.
La retromarcia delle multinazionale rappresenta un segnale importante rispetto al nuovo tentativo di presentare all’Onu una risoluzione, basata su semafori e tasse per esortare gli Stati ad “adottare politiche fiscali e regolatorie che dissuadano dal consumo di cibi insalubri”.
La proposta, già bocciata dall’assemblea delle Nazioni Unite il 27 settembre scorso, è stata ripresentata da sette Paesi (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia) con l’obiettivo di trovare una posizione comune in vista dell’ultima convocazione dell’anno per l’Assemblea generale.
Si punta a colpire gli alimenti che contengono zuccheri, grassi e sale chiedendo di predisporre apposite etichette nutrizionali e di riformulare le ricette, sulla base di un modello di alimentazione artificiale e basato sulla chimica che mette di fatto in pericolo il futuro dei prodotti Made in Italy dalle tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di agricoltori che si sono impegnati per mantenere le caratteristiche inalterate nel tempo.
“Un corretto regime alimentare si fonda infatti sull’equilibrio nutrizionale tra i diversi cibi consumati e non va ricercato sullo specifico prodotto. Non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete più o meno sane” afferma Prandini nel sottolineare che si tratta di “un pericolo rilevante per il Made in Italy agroalimentare che nel 2018 ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni con un +2% nei primi otto mesi dopo il valore di 41,03 miliardi del 2017”.
Con i sistemi di informazione visiva come l’etichetta a semaforo inglese ma anche il nutriscore francese o i bollini neri cileni sono a rischio prodotti come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto di Parma e, addirittura un elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea mentre vengono incredibilmente promossi cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero, molti dei quali prodotti nei sette paesi che hanno ripresentato la proposta alle Nazioni Unite.
Salvarico Malleone
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