Le disfunzioni nella filiera agroalimentare troppi divari
“In estate lavoriamo 15 ore al giorno, mangiando solo la sera. Quando siamo stanchi prendiamo l’oppio. Senza pasticche, come si può lavorare in queste condizioni?”. Sono le parole di un esponente della comunità Sikh nel Lazio riportate dalla Ong Oxfam.
L’organizzazione noprofit ha lanciato la campagna “Al giusto prezzo” per accendere i riflettori sulle ingiustizie che si celano dietro a moltissimi prodotti alimentari venduti sugli scaffali dei supermercati, a partire dal caporalato.
“Dopo aver indagato le filiere di approvvigionamento dei principali supermercati stranieri e denunciato le pratiche commerciali con cui sono soliti imporre prezzi molto bassi ai produttori di piccola scala, con conseguenze devastanti per i braccianti e gli operai agricoli, Oxfam ha guardato all’Italia dove un lavoratore su due in agricoltura è irregolare”.
Le pagine del rapporto, da cui la campagna prende il via, analizzano il grado di impegno con cui i 5 più grandi operatori italiani della GDO (grande distribuzione organizzata) – Coop, Conad, Esselunga, Gruppo Selex (al quale sono collegate insegne come A&O, Famila, C+C, Elite, il gigante, Sole 365 e varie altre), Eurospin – stanno affrontando il tema dei diritti umani nelle proprie filiere di produzione agroalimentare, contribuendo ad eliminare sfruttamento e abusi nelle campagne.
Trasparenza e responsabilità, diritti dei produttori di piccola scala, diritti dei lavoratori agricoli, diritti delle donne sono le categorie analizzate per misurare i passi compiuti dai 5 big della Gdo per assicurare il rispetto dei diritti umani di tutte le persone coinvolte nelle loro filiere di approvvigionamento.
Basandosi su dati pubblici resi disponibili dalle stesse aziende, la valutazione è stata condotta adattando una metodologia elaborata da Oxfam e già applicata ai più grandi supermercati internazionali come Walmart, Tesco, Lidl, Aldi e altri.
I risultati evidenziano che delle 5 aziende analizzate, solo 3 mostrano di aver avviato un percorso di sostenibilità sociale nelle proprie filiere, seppur con un livello di impegno di diversa intensità. Coop è l’azienda che dimostra un livello maggiore di consapevolezza e azione sul tema dei diritti umani nelle filiere totalizzando un 27%; Conad arriva all’11%, Esselunga all’8%. Selex ed Eurospin ottengono un punteggio pari a 0% in tutte le aree di indagine, in quanto non è stato possibile rintracciare alcun documento pubblico relativo ai temi in questione.
“La ricerca Oxfam pur essendo seria e strutturata presenta alcuni limiti, a partire da quello che si basa quasi esclusivamente sulla documentazione pubblica” precisa Coop con un comunicato, “riteniamo quindi che possa essere arricchita con ulteriori informazioni”.
La Gdo spiega: “In relazione alle discriminazioni di genere per esempio, con il codice etico pubblico di Coop Italia, basato su SA8000 e su ILO, abbiamo per primi introdotto norme di comportamento per i fornitori delle filiere che negli anni hanno permesso di ridurre la diseguaglianza economica e normativa tra donne e uomini”.
“Un altro punto che ci interessa sollevare – spiega Coop – è il pregiudizio che si cerca di diffondere nel dibattito pubblico che attribuisce la responsabilità dello sfruttamento solo alla distribuzione. Questo non è accettabile e non fotografa la realtà, tantomeno per Coop come gli esiti del rapporto dimostrano. È necessario approfondire i comportamenti di tutti i soggetti della filiera e degli operatori agricoli e dell’industria di trasformazione dove ci possono essere realtà attente e corrette ed altre non corrette o disimpegnate. Il problema è grave e importante per il Paese e tutti gli operatori agroalimentari dovrebbero fare la loro parte”.
Coop aggiunge che con l’estensione del codice a tutti i soggetti delle nostre filiere, con i controlli autonomi e indipendenti sulle condizioni lavorative nei campi, con l’esclusione da sempre delle aste al ribasso e con il riconoscimento di un prezzo equo ai produttori (anche quando il mercato è più basso), ha fatto passi importanti.
“Controllando il 75% di tutto il cibo e le bevande consumati nel nostro paese e 26.000 punti vendita, le aziende della GDO hanno l’enorme potere di decidere e orientare scelte e prezzi lungo l’intera filiera di produzione. – ha detto Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia – L’estate scorsa, tra il 4 e il 6 agosto, in poco meno di 48 ore, 16 braccianti agricoli sono morti in incidenti sulle strade del foggiano: tornavano dai campi stipati come bestie sui mezzi di trasporto dei caporali. Un reale impegno delle aziende della GDO a cambiare politiche e pratiche del loro approvvigionamento è fondamentale per difendere i diritti dell’ultimo anello della filiera: i braccianti e gli operai che coltivano, raccolgono e confezionano il nostro cibo.
Oxfam si propone di sensibilizzare tutti i cittadini nel ruolo di consumatori, coinvolgendoli in una petizione, diretta a stimolare e sviluppare nelle aziende al centro dell’indagine un modello di business socialmente sostenibile. Ciascuno firmandola, potrà infatti chiedere ai 5 big della grande distribuzione italiana di assumersi la responsabilità della tutela dei diritti umani nelle proprie filiere di approvvigionamento.
Anselmo Faidit
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