La ceramica tra storia arte cultura e collezionismo
Questa mostra è dedicata a uno degli aspetti più importanti dell’attività scientifica di Filippo Buonarroti ( Firenze 1661 – 1733 ), discendente per via diretta dalla famiglia che aveva dato i natali a Michelangelo: era infatti figlio di Leonardo, nipote di Michelangelo il Giovane (Firenze 1568 – 1646 ), a cui si deve la costruzione del palazzo, la sua decorazione e l’arricchimento delle già cospicue raccolte di famiglia. Archeologo di vasta fama, Filippo aveva pubblicato in una sua opera del 1726 un ricco apparato di illustrazioni di antichi reperti.
Partendo da queste immagini del Buonarroti la mostra, curata da Maria Grazia Marzi e Clara Gambaro, illustra l’interesse per una classe di materiali che per suo merito entra sempre di più nel panorama antiquario e collezionistico: la ceramica.
Il contributo dato da Filippo allo studio dei vasi, allora considerati etruschi, ben presto darà origine al dibattito sui luoghi di produzione di tali manufatti e alla formazione di grandi collezioni di ceramiche.
Nella prima metà del Settecento viene dato alle stampe a Firenze il De Etruria Regali di Thomas Dempster ( 1579-1625) con l’aggiunta delle Explicationes et conjecturae di Filippo Buonarroti. L’opera era stata commissionata, tra il 1616 e il 1619, dal granduca di Toscana Cosimo II ( 1590 – 1621 ) al Dempster, negli anni in cui il dotto scozzese teneva un insegnamento di diritto all’Università di Pisa.
Il manoscritto inedito fu scoperto a Firenze un secolo più tardi, nel 1719, da Thomas Hobart che lo trasmise al bibliofilo e collezionista scozzese Thomas Coke ( 1697 – 1759 ), fermatosi a Firenze in occasione del suo Grand Tour in Europa.
Il testo, trascritto e rivisto da Anton Maria Biscioni ( 1674 – 1756 ), fu affidato per la pubblicazione a Filippo Buonarroti; l’opera venne pubblicata in due tomi, datati il primo 1723 e il secondo 1724, ma dati alle stampe nel 1726 con l’aggiunta delle Explicationes et conjecturae. Il Buonarroti inserisce nei tre volumi un ricco apparato grafico di reperti archeologici tra i quali emergono i vasi. Questo intervento del dotto fiorentino è frutto anche dell’influenza derivata dall’ambiente cosmopolita romano che egli aveva frequentato fin dal suo arrivo a Roma.
Dal 1684 aveva svolto le funzioni di bibliotecario e conservatore del cardinale Gaspare Carpegna, respirando l’atmosfera antiquaria della Roma papale, animata da importanti presenze come quella della regina Cristina di Svezia, che avrà come antiquario Giovan Pietro Bellori, divenuto poi commissario delle antichità di Roma.
È in questo ambiente romano che alla fine del Seicento nascono le prime collezioni che espongono tra gli altri reperti archeologici anche le ceramiche, dando poi origine ad alcune importanti opere a stampa, evidenti prodromi delle Explicationes et conjecturae: il Romanum Museum di M.A. de la Chausse, edito a Roma nel 1690, e il Thesaurus Brandenburgicus selectus di L. Beger, edito a Colonia nel 1696-1701, che contengono rare stampe di vasi.
Una maggior consistenza di tali materiali compare in L’antiquité expliquée et représentée en figures (1719-1724) di B. de Montfaucon, che possiamo considerare come un’importante ispirazione per il Buonarroti. Anni prima Filippo aveva incontrato personalmente il padre benedettino, che si era recato a Casa Buonarroti con Anselmo Banduri, nel corso del suo viaggio in Italia alla ricerca di documenti e testi nelle biblioteche fiorentine.
L’eredità del Buonarroti come esperto di antichità passa all’allievo Anton Francesco Gori ( 1691 – 1757 ) e a tutta la serie di studiosi che ruotano intorno a lui e che contribuiscono a valorizzare il ricco patrimonio archeologico e collezionistico dell’epoca.
Nel De Etruria Regali Filippo Buonarroti inserisce una ricca esemplificazione di collezioni di ceramica, da quella romana del Cardinal Gualtieri ad altre collezioni minori, come quelle Ansidei e Vallisneri, fino alla raccolta medicea.
Nel corso del Settecento le raccolte di ceramica aumentano di numero e consistenza; il panorama collezionistico è univoco sia per quanto concerne le più ridotte ma selezionate collezioni, sia per le più copiose, presentando oggetti di grande effetto, provenienti per la maggior parte dal mercato antiquario romano e napoletano.
A Firenze una considerazione particolare merita la collezione granducale, che ebbe probabilmente origine dal “bellissimo vaso di terra antiquissimo el quale nuovamente di Grecia gli è stato mandato”, destinato a Lorenzo il Magnifico ( 1449 – 1492 ); la raccolta fu poi incrementata negli anni da Cosimo I ( 1519 – 1574 ) e dal cardinale Leopoldo ( 1617 – 1675 ).
L’importanza e la cura dedicata dai Medici al collezionismo di ceramica antica è testimoniato da una serie di manufatti, come i piani in commesso di pietre dure (uno dei quali presente in mostra ) eseguiti dalla Manifattura granducale, che ne esaltano importanza e pregio. Tali oggetti rientrano nella vasta e ricca produzione di oggetti, mobili e arredamenti che dalla seconda metà del Settecento si ispirano alla ceramica antica sia per le forme che per le decorazioni.
Durante il soggiorno romano, dal 1684 al 1699, prima di essere richiamato in Toscana da Cosimo III, Filippo Buonarroti ebbe probabilmente l’occasione di ammirare il Vaso Medici, quando era collocato sotto la “Loggia principale” di Villa Medici a Roma; qui il vaso rimase dal 1605/1606 al 1740/1756, come ricordano sia gli inventari che i racconti dei visitatori e dove lo colloca anche l’unica e preziosa testimonianza visiva: un disegno della Bibliothèque Nationale di Parigi.
Il Buonarroti assistette senza dubbio al momento di crescita della fama del cratere mediceo, accompagnato dall’esordio di una produzione grafica che in quel periodo inizia a immortalarlo, anche se allo scadere del Seicento sono ancora pochi i disegni e le incisioni a riprodurre il vaso nella sua interezza. Uno di questi disegni si trova tra le carte del Buonarroti ed è rilegato nel manoscritto A 38, Adversaria philologica varia, della Biblioteca Marucelliana di Firenze.
La rilevanza di questo acquerello bruno su penna è data dal fatto che riproduce fedelmente il cratere marmoreo nel suo stato di oggetto frammentario ricomposto, con l’indicazione delle linee di frattura. Le linee di frattura, evidenziate da una spessa pennellata di acquerello bruno, segnano i punti di cesura e di ricomposizione dei frammenti e, se confrontate con lo stato attuale del Vaso Medici e con le puntuali ricostruzioni grafiche che ne evidenziano restauri e integrazioni, possono considerarsi per gran parte fedeli alla realtà, tranne che per la porzione di vaso che ingloba il personaggio di destra.
Centinaia di pezzi ricompongono l’opera assicurati grazie a una complessa armatura realizzata già durante il primo restauro, eseguito dal 1571 al 1574. All’armatura interna erano ancorati i frammenti originali, recuperati durante lo scavo promosso forse nel 1571 sull’Esquilino da Ippolito d’Este, e anche le integrazioni moderne, riprodotte in gesso per colmare le lacune.
Posteriore al disegno della Marucelliana è il secondo restauro antico, quello settecentesco, eseguito sotto la direzione di Francesco Carradori, che sostituì il gesso con tasselli in marmo di Carrara. Giunto a Firenze nel 1780 il Vaso venne esposto nella Galleria degli Uffizi dove suscitò l’ammirazione di artisti e viaggiatori e dove ancora oggi colpisce il turista per le imponenti dimensioni e per l’armonia dei rilievi.
Info: www.casabuonarroti.it fond@casabuonarroti.it
Roberto Cantini
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