I dieci scienziati che hanno lasciato un segno nel 2018
Il 2018 volge al termine, e come di consueto è tempo di tirare i bilanci di fine anno. Quella che sta per concludersi è stata, dal punto di vista della scienza, un’annata particolarmente feconda, in tutti gli ambiti: la genetica, per esempio, in virtù del sequenziamento del dna di nuove specie animali, vegetali e batteriche; l’esplorazione spaziale, con l’atterraggio di InSight su Marte e l’attracco di Osiris-Rex su Bennu; la fisica, con l’osservazione di altre onde gravitazionali e la creazione di nuovi materiali. E tanto altro ancora: la rivista Nature, come è ormai tradizione, ha tracciato una summa del 2018identificando le dieci persone che più di tutte le altre – nel bene e nel male – hanno lasciato un segno indelebile nella storia della scienza.
Tre delle dieci personalità nella lista di Nature hanno a che fare con il dna. La prima è Viviane Slon, paleogenetista del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig, in Germania, nel 2015, analizzando il genoma di un frammento osseo risalente a circa 90mila anni fa, si rese conto di trovarsi davanti a un reperto unico: una metà del dna era compatibile con quello di un Neanderthal, l’altra con quello di un uomo di Denisova. I risultati definitivi dell’analisi, pubblicati ad agosto scorso su Nature, hanno svelato che il fossile proveniva da una ragazza di circa 13 anni figlia, per l’appunto, di mamma Neanderthal e papà Denisova. Provando definitivamente che le due stirpi si incontrarono e accoppiarono frequentemente, pur rimanendo, fino alla loro estinzione, popolazioni genetiche distinte.
Forse perché, hanno ipotizzato i ricercatori, continuarono per lo più a vivere in zone separate, una a Ovest e l’altra più a Est, rispettivamente, o forse perché la loro progenie era meno adatta a sopravvivere, riprodursi e prosperare rispetto agli esemplari non ibridi.
Sul podio è salita anche Barbara Rae-Venter, genetista statunitense specializzata in genealogia, soprannominata la detective del dna. Nel febbraio del 2017, Rae-Venter fu contattata dalla polizia californiana che le chiedeva aiuto a identificare il responsabile di 12 omicidi, 45 stupri e 120 rapine, Golden State Killer che alla fine degli anni settanta seminò il terrore nella costa ovest degli Stati Uniti. Rae-Venter caricò i dati genetici raccolti sulle scene del crimine nel database pubblico Gedmatch, largamente usato dai genealogisti, e trovò una somiglianza con un individuo che poi si rivelò essere cugino di terzo grado del criminale. Triangolando i dati genetici, Rae-Venter identificò il killer in Joseph DeAngelo, un ex poliziotto di Sacramento. Da allora, Rae-Venter ha collaborato alla risoluzione di oltre 70 casi giudiziari irrisolti.
Sempre parlando di dna, non poteva mancare He Jiankui, lo scienziato cinese che negli ultimi tempi ha fatto molto discutere perché responsabile della prima modifica del genoma di embrioni umani con la tecnica Crispr. Jiankui avrebbe tentato di immunizzare due gemelline cinesi dall’infezione da hiv, il virus dell’Aids, disattivando un gene, assumendosi così l’enorme responsabilità di quella che è stata definita da più parti una sperimentazione umana dai risvolti imprevedibili, sia dal punto di vista biologico che etico. Jiankui sembra essere scomparso nel nulla: stando ad alcune voci, lo scienziato potrebbe essere in stato di fermo, dopo aver tenuto una presentazione poco convincente per rispondere alle domande, a critiche e dubbi sulla sperimentazione.
Quella di Jess Wade, ricercatrice dell’Imperial College London, è la storia di una scienziata che si è battuta contro il gender gap e le discriminazioni in ambito accademico. In particolare, Wade ha scritto, in un anno, 270 pagine Wikipedia su donne scienziate, con l’obiettivo di far conoscere i traguardi raggiunti dalle donne nella ricerca: “Mi ero imposta di scriverne almeno una al giorno”, ha raccontato al Guardian, “ma qualche volta mi sono fatta prendere la mano e ne ho scritto tre. Ci sono troppe donne fantastiche e sarebbe un’ingiustizia non scriverne le storie”. L’impegno di Wade, premiato da Nature, è più o meno contemporaneo all’impresa, di sapore totalmente opposto, di Alessandro Strumia, docente di fisica teorica all’Università di Pisa e al Cern, che in un simposio tenuto proprio al Cern ha raccontato che, se esiste una disuguaglianza di genere nella scienza, è proprio perché le donne non sono brave come gli uomini nella fisica. Tra l’altro, è stata Wade a denunciare pubblicamente Strumia su Twitter.
Tra i nominati da Nature troviamo anche Robert-Jan Smits, inviato speciale della Commissione europea sul tema dell’open access e promotore, assieme a Marc Schiltz, di Science Europe, di piano S, un progetto (sottoscritto da 11 nazioni, tra cui l’Italia, tramite l’Istituto nazionale di fisica nucleare) per chiedere che dal primo gennaio 2020 tutti i paper scientifici finanziati da enti pubblici nazionali e internazionali debbano essere pubblicati su giornali o piattaforme open access e completamente e immediatamente disponibili. Il piano comprende dieci principi, fra cui la non accettazione dell’attuale modello ibrido di pubblicazione, alcuni giornali pubblicano parte dei contenuti in modalità open access e parte a pagamento. Il piano dovrebbe coprire, come raccontato su Science, i costi di pubblicazione sui giornali open access a un livello da determinare.
Non poteva mancare il tema dei cambiamenti climatici. Nature ha inserito nella top ten la climatologa Valérie Masson-Delmotte, tra i firmatari dell’ultimo rapporto dello Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Il documento parla chiaro: il genere umano è molto lontano dal tenere sotto controllo i cambiamenti climatici; in particolare, dicono gli esperti, arginare l’aumento delle temperature a non oltre un grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali è considerata “un’impresa erculea” che necessita di “sforzi precedenti”. Le conseguenze della nostra inazione potrebbero essere catastrofiche: cambio degli ecosistemi, perdita di anni di vita, distruzione di città e colture, maggiore frequenza di fenomeni estremi come siccità e uragani. Per la stessa ragione, Nature ha nominato anche Bee Yin Yeo, il giovane ministro malese di energia, scienza, tecnologia, ambiente e cambiamenti climatici, che si sta battendo in prima persona e con molta forza per la riduzione della plastica usa e getta, responsabile dell’inquinamento dei mari e, indirettamente e in parte minore, dell’aumento di emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Nature ha inserito nella lista il giapponese Makoto Yoshikawa, in forza alla Japan Aerospace Exploration Agency (Jaxa), responsabile della missione Hayabusa 2. A settembre scorso, la sonda giapponese ha inviato sulla Terra le prime immagini scattate da due rover sulla superficie dell’asteroide Ryugu, battendo sul tempo la collega statunitense Osiris-Rex. Se tutto dovesse andare per il verso giusto, Hayabusa 2 riporterà sulla Terra dei frammenti dell’asteroide dopo aver viaggiato diverse centinaia di milioni di chilometri nel Sistema solare. E ancora: segnalato anche il nome di Anthony Brown, astronomo dell’Agenzia spaziale europeache ha coordinato la pubblicazione dei dati raccolti dalla navicella Gaia: il catalogo completo delle informazioni relative a oltre un miliardo di stelle, che ci hanno permesso di comprendere meglio i meccanismi di crescita della Via Lattea.
Chiude la lista Yuan Cao, studente di dottorato del Massachusetts Insitute of Techonology che, a 21 anni, ha collaborato alla scoperta della superconduttività del grafene, il cosiddetto materiale delle meraviglie. Il team di cui fa parte Cao ha scoperto che applicando una rotazione agli atomi che compongono il grafene è possibile far acquisire loro uno strato elettronico complesso in cui questi conducono elettricità senza alcuna resistenza, ovvero si comportano di fatto come un materiale superconduttore.
Piero Vernigo
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