Van Gogh e i pittori Maledetti a Santo Stefano al Ponte
Evento-mostra-dialogo che, rispetto alle altre edizioni, sempre organizzate da Crossmedia, rappresenta un unicum in quanto le immagini si dispiegano non su pannelli, ma direttamente sulle pareti per tutto il perimetro della chiesa sconsacrata di Santo Stefano, abbracciando dal tetto il pavimento in una circolarità coinvolgente dove l’ascolto della colonna sonora e la visione delle opere realizzate dai 6 geni riportano al senso del tatto dove- quando il pittore sceglieva i colori, li stendeva con il pennello, li tamponava, li sovrapponeva in una gestualità che raccoglieva in quell’attimo un universo di emozioni e passioni: tormento, felicità rabbia forse, desiderio di evasione per raccontare un rapporto puro e diretto con la natura, per narrare di occhi trasparenti che ci guardano mostrando quanto di più intimo c’è.
Di particolare attrazione la sala degli specchi in cui, le immagini proiettate ci dipingono il nostro corpo o meglio i nostri abiti per frazioni di tempo sono dipinti; una body art fantastica e, al di sopra di questa stanza, il balconcino da cui potersi affacciare per godere di un paesaggio pittorico dall’alto in una prospettiva in cui lo sguardo e, non solo, spazia all’infinito dove le note divengono colore e il colori si dispongono su pentagrammi di armonie!
Entrando nei paesaggi dei volti e della natura di Van Gogh non può non colpire la sua religiosità coltivata sul modello del padre. il reverendo Theodorus Van Gogh, pastore legato alla scuola di Groninga (movimento riformista all’interno del calvinismo).
Nei quadri che sfilano all’interno della chiesa e sul nostro corpo ritornano alla mente i percorsi seguiti da Vincent che inizia a dipingere a 27 anni dedicando la sua pittura a soggetti considerati ai margini della società: ai minatori, ai contadini, come nel dipinto “I mangiatori di patate”, dove anche il mangiar patate può diventare un momento di condivisione sacro.
Con questo i dipinto, ora al Rijksmuseum Vincent Van Gogh di Amsterdam, l’ autore voleva far conoscere le difficili situazioni in cui vivevano i contadini nella città di Nuenen, ubicata nella regione del Brabante.
Nel 1876 ad ottobre Vincent pronunciava il suo primo sermone ispirato da un quadro di Boughton, il Pellegrino sulla via di Canterbury al tempo di Chaucer: “Una volta ho visto un bel quadro; era un paesaggio serale. In lontananza, sulla destra, una fila di colline, azzurre nel cielo della sera. In queste colline lo splendore del tramonto, le nubi grigie costellate d’argento e d’oro e porpora. Il paesaggio è una pianura o una brughiera, coperta d’erba e di steli gialli, era infatti autunno.
Il paesaggio è tagliato da una strada che porta a un alto monte, lontano, molto lontano; sulla sua cima una città che il sole al tramonto fa risplendere. Sulla strada cammina un pellegrino col suo bastone.
E questi incontra una donna – o una figura in nero – che richiama un’espressione di San Paolo: afflitto ma sempre lieto. Quest’angelo di Dio è stato posto qui per consolare il pellegrino e per rispondere alle sue parole. E il pellegrino le chiede: “Questa strada è sempre in salita?”. E la risposta è: “Certo, fino alla fine, sii attento”. E di nuovo egli chiede: “E il mio viaggio dovrà durare tutta la giornata?”.
E la risposta è: “Dal mattino, amico mio, fino a notte”. E il pellegrino allora prosegue, afflitto ma sempre lieto».
Van Gogh incontra la psichiatria e durante l’anno di permanenza nella clinica psichiatrica di Saint-Rémy-de-Provence, il 19 giugno1889, compone “Notte stellata”, da uno scorcio di una finestra della camera dove era ricoverato, capolavoro attualmente al Museum of Modern Art di New York (Moma) linee, forme, contrasti, colori in movimento.
Un anelito musicale che verrà colto da Don McLean con una canzone “Starry, starry night” un doveroso tributo al celebre artista olandese e al suo dipinto.
All’amato fratello Theodorus (Theo), con il quale intrattenne un fitto epistolario e che fu il primo conoscitore e finanziatore della sua arte Vincent, scriveva una lettera la n. 593 datata 2 giugno 1889 “[…] Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c’era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già dipinto questo, esprimendo tutta l’intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così accorato, così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni. […] Credo che faresti bene a lavare quelle tele che sono ben asciutte con acqua e un po’ di alcool etilico per togliere il grasso e l’essenza della pasta. Così anche per il Caffè di notte, il Vigneto verde, e soprattutto per il paesaggio che era nella cornice in noce, Anche per la Notte (ma lì ci sono ritocchi recenti, che con l’alcool etilico potrebbero spandere). […] Per quanto riguarda la mostra degli indipendenti, mi è assolutamente indifferente, fa’ come se non ci fossi. Per non rimanere assente e per non esporre qualcosa di troppo pazzo, forse potresti mandare Notte stellata e il paesaggio verde-giallo, che era nella cornice di noce. Poiché sono due quadri di colori contrastanti, forse riusciranno a dare agli altri lo spunto per ottenere effetti notturni migliori. […]”.
Carmelina Rotundo
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