La burocrazia italiana soffoca le imprese e gli investimenti
Nell’eurozona solo la Grecia sta peggio di noi.
E questo la dice lunga sullo stato di difficoltà in cui versa la nostra Pubblica amministrazione.
Ci riferiamo al risultato emerso dalla stesura dell’indice europeo sulla qualità dei servizi offerti dagli uffici pubblici dei 19 paesi che utilizzano la moneta unica.
Un’elaborazione, riferita al 2017, che è stata realizzata dalla CGIA su dati della Commissione europea.
E se la Finlandia, i Paesi Bassi e il Lussemburgo occupano i tre gradini del podio, Slovacchia, Italia e Grecia, invece, si collocano mestamente nelle parte più bassa della graduatoria.
Sarebbe comunque sbagliato generalizzare, non tutta la nostra amministrazione pubblica è di bassa qualità.
La sanità al Nord, molti settori delle forze dell’ordine, diversi centri di ricerca e istituti universitari assicurano delle performance che non temono confronti con il resto d’Europa.
Ciò nonostante, il livello medio complessivo è preoccupante.
L’incomunicabilità, la mancanza di trasparenza, l’incertezza giuridica e gli adempimenti troppo onerosi hanno generato una profonda incrinatura, soprattutto nei rapporti tra le imprese e i pubblici uffici, che ha provocato l’allontanamento di molti operatori stranieri che, purtroppo, non vogliono più investire in Italia anche per l’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico.
E ad avvalorare la posizione di coloro che sostengono che per il sistema paese è imprescindibile avere una macchina statale che funziona bene, sono particolarmente interessanti anche i dati elaborati dall’Ocse.
Secondo questa organizzazione internazionale, infatti, la produttività media del lavoro delle imprese italiane è più elevata nelle zone con una più efficiente amministrazione pubblica..
Purtroppo, i tempi e i costi della burocrazia sono diventati una patologia che caratterizza negativamente una larga parte del nostro paese.
In particolar modo le imprese italiane, essendo prevalentemente di piccolissima dimensione, hanno bisogno di un servizio pubblico efficiente ed economicamente vantaggioso, in cui le decisioni
vengano prese senza ritardi e il destinatario sia in grado di valutare con certezza la durata delle procedure.
Altrettanto preoccupanti sono i risultati che emergono dalla periodica indagine campionaria condotta da Eurobarometro (Commissione europea) sulla complessità delle procedure amministrative che incontrano gli imprenditori dei 28 paesi dell’Unione.
L’Italia si trova al 4° posto di questa graduatoria, con l’84 per cento degli intervistati che dichiara che la cattiva burocrazia è un grosso problema.
Solo la Grecia, la Romania e la Francia presentano una situazione peggiore della nostra, mentre il dato medio dell’Unione europea si attesta al 60 per cento.
Se, invece, ritorniamo alla nostra elaborazione su dati della Commissione europea, sono ugualmente impietosi anche i risultati che emergono dalla comparazione sulla qualità della Pubblica Amministrazione a livello regionale.
Rispetto ai 192 territori interessati dall’analisi realizzata nel 2017, le principali regioni del Centro-Sud d’Italia compaiono per 8 volte nel rank dei peggiori 20, con la Calabria che si classifica addirittura al 190° posto.
Come per il confronto a livello nazionale, il risultato finale è un indicatore che varia tra 100, ottenuto dalla regione finlandese Åland (1° posto), e zero che ha “consegnato” la maglia nera alla regione bulgara dello Severozapaden.
Sebbene sia relegato al 118° posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia, seguono, a pari merito, altre due regioni del Nordest: l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127° e al 128° posto della classifica generale.
Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al 131° posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133° gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea.
Male, come dicevamo più sopra, in particolar modo le regioni del Mezzogiorno dove si registrano le performance più preoccupanti.
La Campania (indice pari a 8,4) è al 186° posto, l’Abruzzo (6,2) è al 189° e la Calabria, il territorio in cui la Pa funziona peggio tra tutte le nostre 20 realtà regionali, è addirittura al 190° gradino della graduatoria generale, con un indice di soli 1,8 punti.
Raimondo Adimaro
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