Cresce disoccupazione ed export, male il Pil e investimenti
Rispetto l’anno ante-crisi (2007) dobbiamo ancora recuperare 4,2 punti percentuali di Pil e ben 19,2 punti di investimenti.
A distanza di 10 anni, inoltre, i consumi delle famiglie sono inferiori di 1,9 punti e il reddito disponibile, sempre delle famiglie, è in calo di 6,8.
In materia di lavoro, l’occupazione è aumentata dell’1,7%, mentre il tasso di disoccupazione è cresciuto dell’84,4% .
Se, infatti, nel 2007 il tasso di coloro che era alla ricerca di un’occupazione si attestava al 6,1%, nel 2018 è salito al 10,5% (dato ancora ufficioso).
Bene, invece, l’export: a distanza di un decennio le vendite all’estero sono cresciute del 13,9%.
A fare questo check sullo stato di salute dell’economia del nostro Paese 10 anni dopo l’inizio della crisi economica più drammatica degli ultimi 70 anni è stata la CGIA.
Anche se negli ultimi 5 anni il Pil è tornato a crescere, il risultato è presto detto: rispetto l’anno pre-crisi siamo meno ricchi, sono franati gli investimenti, spendiamo meno e abbiamo più disoccupati.
L’unica cosa notevolmente positiva è che il nostro “made in Italy” vola e continua a conquistare i mercati stranieri.
Stando alle previsioni di crescita che nel triennio saranno ben al di sotto dell’1% annuo, molto probabilmente il nostro Paese recupererà i 4 punti di Pil persi dal 2007 non prima del 2024: praticamente 17 anni dopo.
Rispetto a 10 anni fa abbiamo 4,2 punti di Pil in meno, in gran parte riconducibili al crollo degli investimenti pubblici/privati e alla diminuzione dei consumi delle famiglie.
Serve ricordare che questi ultimi costituiscono il 60% circa dell’intera ricchezza prodotta dal paese ogni anno.
Ovviamente, la contrazione dei consumi è ascrivibile all’aumento dei disoccupati (solo in piccola parte compensati dall’aumento dell’occupazione), che ha ridotto notevolmente la disponibilità di reddito delle famiglie, in particolar modo al Sud.
È vero che gli effetti della crisi economica sono stati così pesanti e, pertanto, è molto problematico fare questa comparazione tra il 2007 e il 2018.
Tuttavia, è utile indicare degli elementi per apprendere, numeri alla mano, le difficoltà del momento e gli ambiti dove la nostra economia presenta ancora dei ritardi che vanno assolutamente recuperati mettendo in campo delle misure economiche adeguate.
Nel 2018 il numero degli occupati presenti in Italia (23,3 milioni) ha superato il livello che avevamo nel 2007 (22,9 milioni). Tuttavia, è crollato il numero delle ore lavorate.
Tra il 2007 e il 2017 (ultimo anno in cui il dato è disponibile) il monte ore è sceso a 43,2 miliardi (-6,1% che in termini assoluti equivalgono a –2,7 miliardi di ore).
Nei primi 9 mesi del 2018, sempre a confronto con lo stesso periodo del 2007, abbiamo recuperato 338 milioni di ore.
A ulteriore dimostrazione che fatichiamo non poco a diminuire il gap con la soglia che registravamo nell’anno ante-crisi.
Nonostante abbiamo recuperato e superato il numero degli occupati che avevamo nel 2007, la crisi economica che abbiamo vissuto in questi ultimi 10 anni ha aumentato in misura rilevante i lavoratori dipendenti con contratti a termine (+22,4 per cento rispetto al 2007).
In altre parole abbiamo sempre più precari.
A seguito del rallentamento dell’economia mondiale,degli effetti ancora molto incerti della Brexit e a causa della cessazione del Quantitative easing avvenuta il 31 dicembre scorso, mai come quest’anno è estremamente difficile prevedere come andrà l’economia italiana.
Secondo i calcoli su dati Prometeia di ottobre 2018, il Pil dovrebbe crescere dello 0,8%, grazie, in particolar modo, all’incremento dell’1,9% degli investimenti, del +1,1% dei consumi delle famiglie che dovrebbe far scendere la disoccupazione dello 0,2% e aumentare gli occupati dello 0,4.
Con meno disoccupati e un po’ di occupati in più, il reddito delle famiglie è destinato a salire dell’1,5%.
Seppur in frenata, l’export aumenterà del 2,9%, a dimostrazione che le nostre produzioni continuano a essere apprezzate dai mercati internazionali.
Non è da escludere, infine, che se la crescita del Pil dovesse essere molto inferiore del +1% stimato dal Governo Conte, quest’ultimo dovrà approvare una manovra correttiva già prima dell’estate.
In effetti, i principali organismi internazionali e nazionali stanno rivedendo al ribasso le stime di crescita in quanto l’economia europea sta rallentando.
Con un Pil più basso di quello previsto nella legge di Bilancio 2019, il rapporto deficit/Pil finirebbe per essere più elevato del 2,04% “impostoci” da Bruxelles.
Uno scenario che, ovviamente, è da scongiurare, visto che entro la fine di quest’anno bisognerà trovare 23 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva che, altrimenti, scatterà dal 1° gennaio 2020.
Va segnalato, infine, che con una crescita del Pil 2019 nettamente inferiore all’1%, nessun altro Paese, come ha avuto modo di segnalare la Commissione europea, farà peggio di noi, anche quest’anno.
Guglielmo d’Agulto
Commenti
Cresce disoccupazione ed export, male il Pil e investimenti — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>