Sono tempi bislacchi per la Chiesa e per la cristianità
Che per il mondo cattolico questi, per usare un eufemismo, siano tempi bizzarri, lo si era capito da un pezzo. Eppure dalla cronaca continuano a fioccare storie surreali anche per chi, ormai, con l’assurdo ha una certa familiarità.
L’ultima viene dall’Indiana dove, da qualche tempo, l’università cattolica di Notre Dame, che vanta quasi 180 anni di storia ed è una delle più prestigiose degli Stati Uniti, è vittima di un preoccupante cortocircuito logico.
Diversamente non si spiegherebbe la linea assunta dalla dirigenza dell’ateneo, che ora pare totalmente dimentica, per non dire allergica, a tutto ciò che sappia di cattolico.
Esageriamo?
Vorremmo, ma risulta davvero difficile comprendere da una parte la scelta, assunta con una lettera del 20 gennaio scorso del reverendo John Ignatius Jenkins, rettore dell’università, di oscurare i murales di Cristoforo Colombo, e, dall’altra, quella di non oscurare l’accesso ai siti pornografici tramite delle connessioni universitarie.
Il primo fatto riguarda la decisione di coprire gli affreschi raffiguranti il celebre navigatore genovese, realizzati da Luigi Gregori (1819-1896), affreschi – ha fatto sapere padre Jenkins – che «saranno preservati ma non saranno più esposti al pubblico regolarmente e nella loro posizione attuale».
Il motivo? Risulterebbero offensivi nei confronti delle popolazioni indigene.
Non perché essi siano ritratti con chissà quale aspetto oltraggioso ma perché, secondo i vertici dell’ateneo, oltraggiosa sarebbe da considerarsi la stessa scoperta dell’America.
«Per i popoli nativi di questa “nuova” terra», ha difatti affermato Jenkins, «la venuta di Colombo fu a dir poco catastrofica. A prescindere da qualunque altra cosa abbia portato il suo arrivo, per questi popoli ha portato allo sfruttamento, all’esproprio della terra, alla repressione di vivaci culture, alla schiavitù e a nuove malattie che hanno causato epidemie che hanno ucciso milioni di persone».
Poco importa, evidentemente, che Colombo fosse un cattolico devoto e fosse finanziato da Isabella di Castiglia, regina che, non appena iniziò il fenomeno di schiavitù, intervenne ordinando di «non fare mai più schiavi» e di rimpatriare gli indios in America, riportandoli alle loro famiglie, e tutto a sue spese.
Poco importa pure che, anche prima del 1492, la vita degli indigeni tutto fosse fuorché pacifica, con gli Inca e gli Aztechi – solo per fare un esempio – assai facili ai sacrifici umani, effettuati a decine di migliaia, mentre se si vuole parlare dello sterminio dei pellirossa tocca annotare come esso avvenne in larga parte per mano inglese anglicana e puritana e come le stesse guerre indiane, in realtà, abbiano avuto inizio quando Colombo era morto da oltre 200 anni.
Tutti aspetti chiave che, in omaggio al politicamente corretto, i vertici di Notre Dame sembrano ignorare.
Il problema è che questa tendenza a non considerare la realtà ha pure portato – per venire al secondo fatto, emblematico della strana stagione che sta attraversando l’ateneo statunitense – a non considerare una petizione con oltre 1.000 sottoscrizioni, molte delle quali da parte di studenti, che chiedeva una cosa sacrosanta: il blocco, con appositi filtri, dell’accesso ai siti porno che l’università attualmente rende disponibili sette giorni su sette, 24 ore su 24.
Detta richiesta è stata inoltrata ormai tre mesi or sono, ma da padre Jenkins nessuna risposta. Silenzio stampa.
Così, alla fine, un portavoce di Notre Dame, Paul Browne, ha dichiarato che non ci saranno cambiamenti, perché l’ateneo ha già una sua norma comportamentale in tal senso e poi «Dio ci lascia liberi di decidere se essere peccatori o no».
Una risposta che lascia sbigottiti per banalità e inconsistenza.
Anche perché, sragionando così, si potrebbe aprire a Notre Dame pure un sexy-shop: tanto ciascuno rimarrebbe comunque libero di decidere se peccare o no.
Della serie, Cicciolina alla fine va bene.
Invece Cristoforo Colombo, beh, lui proprio no. Ridiamo per non piangere.
Arnaud Daniels
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