Fortnite e noob ovvero il pericoloso bullismo informatico
Nell’ultimo mese mi sono soffermata a pensare a come si trascorrevano le giornate durante la mia infanzia e adolescenza.
Sono figlia degli anni Ottanta e quindi dei giochi nei cortili, delle merende pane e cioccolata con gli amici e dei cartoni animati che si vestivano ancora di storie con una morale e un’anima.
Appartengo ad un’epoca in cui ancora ci si svagava con poco ma in un tempo in cui ancora il dialogo faceva da padrone e si viveva forse con più emozione, con più curiosità e con più stimoli creativi.
Sono mamma di un bambino di undici anni che nel tempo libero, insieme agli amici, si dedica aimé ai moderni giochi attualmente disponibili nel web e sui più comuni strumenti quali la nota play station piuttosto che xbox.
Personalmente non sono molto favorevole a promuovere e incentivare questi tipi di passatempo ma è anche vero che, come genitore, ti devi tuo malgrado adeguare ai cambiamenti temporali della società e abbracciare anche scelte che proprio non condividi per non trasformare tuo figlio in un “escluso” da una specie di branco.
Ma è proprio su questo concetto di “appartenenza e acettazione in un branco” che è importante approfondire.
Ecco allora un nome che ormai è credo alla conoscenza di tutti: Fortnite.
Ma cosa è? Trattasi di un video videogioco del 2017 sviluppato da Epic Games e People Can Fly Fly che è diventato il costante compagno dei pomeriggi dopo scuola, serate e notti di bambini, adolescenti e adulti.
Un mondo virtuale, una terra post-apocalittica dove una tremenda tempesta ha provocato la scomparsa di quasi tutta la popolazione mondiale e con l’arrivo di pericolose creature aliene.
Si gioca individualmente e a gruppi dove devi spesso essere “accettato” e dove se “muori” devi restare fermo senza giocare in attesa che un compagno ti faccia la grazia di animarti.
Apparentemente cosa potrebbe esserci di male nel giocare a un video game? Del resto da anni ormai tutti lo fanno no?
Sì certo, fino a che questo gioco prende spazio con moderazione nulla da obiettare ma il problema reale sorge quando da genitore ti accorgi che tuo figlio cambia personalità, vive una dipendenza e subisce anche degli atteggiamenti di pseudo-bullissimo che non possono essere ignorati non solo come genitore ma anche per una responsabilità morale e civile.
La vita insegna che mentre l’adulto ha strumenti legati allo zaino di “esperienze vissute” che si porta in spalla e che lo aiutano a difendersi dall’egoismo e dall’aggressività della gente, un bambino in età pre-adolescente non ha questi strumenti e può arrivare a subire pressioni psicologiche proprio anche in un mondo non reale del quale però ormai sente di far parte e di non essere poi accettato.
Martedì scorso ricevo la chiamata dalla maestra di matematica di mio figlio e resto di stucco nel venire a sapere che mio figlio subiva da tre mesi svariate pressioni, esclusioni da parte dei suoi stessi compagni di scuola che aveva creato un gruppo virtuale di gioco dove lui era stato inserito per concessione e dove veniva deriso, schernito facendolo sentire un buono a nulla e incapace.
Tutto questo era anche corredato da appellativi che gli venivano conferiti tra i quali “sei un incapace, non sai fare nulla, sei brutto” e ultimo ma, non meno importante, la parola “noob”, italianizzato “nabbo” oppure “nappo” che in termini informatici si riconduce a un neofita di conoscenze informatiche ma che oggi, tra gli adolescenti, è utilizzato in senso dispregiativo per denigrare un giocatore virtuale non capace e che non merita di far parte del gruppo.
Veniva tenuto in sospensione per ore in uno stato di suspence che gli trasmetteva solo ansia e rabbia profonda.
Ovviamente: in tutto questo dove siamo noi genitori?
E allora eccoci a una frase che parrebbe esser retorica ma quanto è vera: il mestiere del genitore è quello più difficile.
Dai fiducia, responsabilizzi cercando di controllare e arginare quanto puoi ma non è possibile prevenire proprio tutto.
Non sei di fatto un super eroe ma un essere umano con pregi e difetti perché nessuno ci ha dato il “patentino” da genitore. Alcune cose sfuggono e arriviamo poi a picchiare il muso contro queste realtà.
Da madre e da donna di questa società mi sento di dire che dobbiamo assolutamente monitorare questi nuovi balocchi futuristici in mano ai nostri figli che possono andare seriamente a inficiare sulla loro personalità, sul benessere e sulla formazione del loro carattere.
Un banale video gioco crea dipendenza a livello di una droga e cambia la personalità trasformando i bambini, rendendoli aggressivi e competitivi al punto di dimenticarsi del loro amico vedendolo come un avversario da schiacciare.
Parliamo tanto a questi giovani uomini e donne, non stanchiamoci di ascoltarli perché magari non hanno il coraggio di confidarci le loro paure e ciò che vivono per timore di essere giudicati.
Trasmettiamo ai nostri figli la voglia di stare ancora all’aria aperta a giocare con un pallone, la voglia di creare, di parlare e cerchiamo di staccarci da questa assurda “virtualità” che ha tolto la bellezza del contatto, il piacere di guardarsi negli occhi.
Dobbiamo lottare affinché i nostri figli non subiscano questo e che non si nascondano dietro un monitor per dimostrare la loro forza ma che abbiano il vero coraggio di agire e esporre le proprie idee guardando negli occhi i loro interlocutori.
E alla fine i bambini ci insegnano e ci mostrano la loro semplicità.
Torni a casa dal lavoro e ascolti un messaggio audio di scuse, da un piccolo uomo, compagno di scuola di tuo figlio, in cui dice con una voce sommessa e infinitamente commovente “tu vali tanto per me e da domani abbandonerò anche io il gruppo come te perché ti voglio bene ed è più importante la tua amicizia che uno stupido gioco”.
Raffaella Aquilina
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