Dal ministero della Difesa un gruppo di hacker di Stato
Borse di studio per formare hacker di Stato. È questa una delle misure su cui sta lavorando il ministero della Difesa per alzare la barriere cyber dell’Italia.
Lo ha annunciato a Itasec, la conferenza nazionale sulla sicurezza informatica, il sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo.
L’idea è di arruolare giovani hacker etici, dalle scuole superiori o dalle università, per “creare un team istituzionale che risponda solo alla bandiera italiana”, ha detto Tofalo.
La formazione sarà pagata attraverso borse di studio, finanziate da un “cassetto strutturale”, ha precisato il sottosegretario, gestito in tandem dal ministero dello Sviluppo economico e dalla Difesa.
Il primo gettone è già stato depositato, come previsto da un emendamento alla legge di bilancio: un milione di euro.
Diventeranno tre milioni nel prossimo triennio, all’interno di un programma che dovrà diventare fisso.
Ora il governo sta definendo lo schema per erogare i fondi.
L’obiettivo, ha spiegato Tofalo, è “di arrivare a un team che faccia rotazioni negli enti statali come gli ambasciatori del ministero degli Esteri”. Saltando dagli uffici della presidenza del consiglio a quelli dei ministeri, dalle aziende della sicurezza all’università.
Uomini esperti collocati nei punti chiave del paese. E la Difesa non esclude di sostenere la Cyberchallenge, il programma di addestramento per giovani tra 16 e 23 anni, che quest’anno ha già raccolto oltre 3.200 adesioni.
La strategia cyber del ministero della Difesa prende forma.
Nel contratto di governo, ha ribadito Tofalo, “è presente la defiscalizzazione dei costi della sicurezza cibernetica”.
E il sottosegretario punta a mettere nero su bianco il proposito in un disegno di legge entro l’anno.
Nel frattempo, i tecnici della Difesa stanno tracciando una bozza di una legge “per proteggere il know how italiano” nel campo della sicurezza informatica.
Un provvedimento che ricalca alcuni punti del Title ten degli Stati Uniti (su ruolo e organizzazione delle forze armate).
O, per dirla in altro mondo, una sorta di golden power per salvaguardare le piccole e medie imprese nazionali e tutelare la tecnologia cyber made in Italy.
In parallelo i ministeri di Difesa, Sviluppo economico e istruzione, con la pubblica amministrazione, hanno pubblicato il 13 febbraio il progetto Italia Open Lab, per sostenere i progetti di impresa degli studenti delle scuole della penisola.
A marzo Tofalo, che ha una delega alla cybersecurity assegnata dalla ministra Elisabetta Trenta, sarà in missione negli Stati Uniti, per presentare a Washington l‘ecosistema di sicurezza informatica del Belpaese, con Roberto Baldoni, vicedirettore generale del Dipartimento delle informazioni sulla sicurezza, e Francesco Maria Talò, l’ambasciatore al dossier cyber del ministero degli Esteri.
Un incontro che arriva nel pieno delle pressioni degli Stati Uniti sugli alleati europei perché bandiscano le tecnologie cinesi dai progetti sul 5G, le reti mobili di quinta generazione.
Tofalo ha ribadito che “non ci sarà alcun blocco, bisogna applicare la legge e c’è un mercato libero”.
Una posizione che allinea la Difesa al rifiuto per uno stop annunciato nei giorni scorsi dal ministero dello Sviluppo economico.
La strada da percorrere per validare le tecnologie del 5G sarà quella tracciata da Baldoni nel piano sulla cybersecurity presentato a Itasec: definire un perimetro nazionale e certificare prodotti e servizi.
Claudia Treves
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