100 miliardi di danni al Made in Italy agroalimentare
Sale ad oltre 100 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio, per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale.
È quanto emerge dallo studio della Coldiretti in occasione della presentazione delle nuove norme sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti approvate con la legge n.12 dell’11 febbraio 2019 sulle semplificazioni con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini il Vicepremier e Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio.
A far esplodere il falso, sottolineano dalla Coldiretti, è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche, come l’embargo russo, con un vero boom nella produzione locale del cibo Made in Italy taroccato.
Si passa dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola, ma anche la mortadella Milano, Parmesan o burrata tutti rigorosamente realizzati nel Paese di Putin.
A preoccupare è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi.
Accordo che esplicitamente concede il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma è anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan.
Il risultato è che le esportazioni agroalimentari Made in Italy che nel 2018 hanno raggiunto il valore di 41,8 miliardi di euro grazie ad un tasso di crescita dell’1,8% che però si è ridotto a circa un quarto di quello del 2017 quando si è registrato un aumento del 7%.
In altre parole all’estero più di due prodotti di tipo italiano su tre sono falsi, serve un maggiore rigore a livello nazionale con le nuove norme sull’etichettatura di origine Made in Italy degli alimenti, è importante acquisire maggiore credibilità nei negoziati internazionali e battere il cosiddetto “Italian sounding.
Un fenomeno che colpisce in misura diversa tutti i prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche all’olio extravergine, ai sughi o alla pasta e riguarda tutti i continenti.
In realtà a differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia.
In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi, a cominciare dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tuti i continenti.
Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina e tanto altro ancora.
Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal prosciutto Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.
Dal Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, oltre al Barbera bianco prodotto in Romania e al Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense sono invece solo alcuni esempi delle contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori più prestigiosi.
Per tutto ciò bisogna ringraziare i signori di Bruxelles e di Strasburgo.
Anselmo Faidit
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