A Napoli la Procura tutela le chiese e la fede, e la Curia?
Nelle ore in cui uno dei simboli della cattolicità europea brucia, e sempre dalla Francia arrivano numeri avvilenti che raccontano di chiese sotto tiro – l’anno scorso sono stati registrati 1.063 (una media di oltre due chiese sotto attacco al giorno) atti vandalici, furti o incendi – l’Italia, e la Campania in particolare, dimostrano che l’incuria e la profanazione possono arrivare anche dall’interno.
Come serpi in seno coltivate nella stessa Chiesa.
La svolta per l’inchiesta sulla festa di halloween consumatasi nella chiesa di San Gennaro all’Olmo ha riacceso i riflettori su un caso che ha fatto scandalo.
In questi giorni, infatti, un avviso di chiusura delle indagini preliminari è stato notificato al presidente della Fondazione Vico, a cui è stata concessa in comodato d’uso la chiesa dalla Curia campana diversi anni fa.
Gli inquirenti ipotizzano la violazione dell’articolo 170 del D. lgs.vo 41/2004 codice dei beni culturali – uso illecito dei beni culturali e del paesaggio.
La città di Napoli, un tempo una delle capitali della cattolicità, del sacro e del bello, oggi è testimone muta dalla più grande mortificazione delle sue chiese.
In quella che fu la capitale del Regno delle Due Sicilie sono ben quindici le chiese chiuse al culto, ma adibite comunque a spazi per spettacoli profani, se non sacrileghi.
Esempio lampante è quanto accaduto la notte di halloween a San Gennaro all’Olmo, la chiesa partenopea diventata celebre in un po’ tutto il Bel Paese per la festa satanica organizzata tra quelle storiche mura.
Un evento volgare e profano piombato prepotentemente sulla scrivania del cardinale Sepe, quando ormai era troppo tardi per risolvere la questione a telecamere spente.
Le foto in stile horror della festa a pagamento organizzata in una delle chiese più antiche e culturalmente importanti del capoluogo campano, e che avevano già invaso i social network, mostrano giovanotti in abiti satanici impegnati a ballare nell’edificio sacro.
Musica a tutto volume, angolo bar con somministrazione di superalcolici, coktail di intrugli vari, fumo a 360 gradi, danze sexy e foto oltraggiose all’ombra delle statue dei Santi, dei dipinti religiosi, degli arredi sacri e dell’altare luogo sacro d’eccellenza.
A coronare la serata una messa improvvisata sull’altare maggiore in abiti succinti, una rappresentazione teatrale sulla rivoluzione partenopea del 1799 culminata con l’impiccagione inscenata sull’antica cantoria dell’edificio.
Immagini impressionanti e impossibili da giustificare hanno provocato la reazione dell’arcidiocesi della Curia retta dal cardinale Crescenzio Sepe, il quale ha comunicato per iscritto alla Fondazione Giambattista Vico, a cui è affidata la chiesa di San Gennaro all’Olmo, che l’accordo di convenzione per la gestione dell’edificio sacro era immediatamente rescisso.
L’arcidiocesi napoletana è ancora proprietaria della chiesa, ma da parecchi anni essa viene gestita per attività culturali, o presunti tali, dalla Fondazione Giambattista Vico.
Adesso la Curia affiderà la chiesa a qualche altra associazione, fondazione o ente?
Oppure dimostrerà la premura di farla tornare quanto prima il luogo in cui si celebra l’Eucaristia.
E magari anche con insolita celerità, organizzando una nuova prima messa in riparazione di quanto avvenuto.
Un episodio di cronaca horror con banchetti, psicomaghi, cabaret, burlesque, catering, rappresentano il naturale effetto collaterale di una gestione delle chiese che smettono di essere tempio di Dio.
A Napoli la situazione è degenerata, da tempo, clamorosamente, sempre secondo la formula del comodato d’uso.
La lista delle chiese non più luogo di culto è lunga e, ovunque, niente rimanda a Dio, neanche i concerti dove la musica è lontanissima da quella sacra.
La chiesa di San Gennaro all’Olmo non è l’unico caso di uso improprio di un bene culturale all’attenzione degli inquirenti. Il pool voluto dal procuratore Melillo si sta occupando anche di altre vicende di reati che attengono ai beni culturali, con l’obiettivo di perseguire in maniera efficace e rapida questo genere di abusi. La procura indaga e cerca di ristabilire il diritto, ma il problema resta a monte.
Anche perché le suddette chiese in questione conservano comunque la categoria di luoghi sacri pubblici e pur rimanendo esenti da TARSU e altre tasse, organizzano eventi che altrove richiederebbero costi tali da ridimensionare il profitto.
Non sono pochi coloro i quali si chiedono se a Napoli vi è un’emergenza monumenti; qualcun altro si chiede quali casse si stanno riempiendo; alla radice resta però un problema di fede che sta mortificando le chiese, la storia e la cultura di un’intera città.
Il cardinale Crescenzio Sepe, nato il 2 giugno 1943, dovrebbe essere in pensione oramai da diversi mesi visto che il diritto canonico pone come termine massimo 75 anni, però ancora dimora presso la Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio di Capodimonte.
Si è atutoattribuito e autoconcesso una proroga di 24 mesi a Piazza Donnaregina, alimentando in tale maniera le dicerie e la gramigna.
Niccolò Rejetti
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