Dal 2024 il calcio europeo subirà profonde variazioni
Un campionato europeo era il sogno dell’avv. Gianni Agnelli.
Sogno che il nipote Andrea sta tramutando in realtà.
Dalla stagione 2024/2025 la vecchia Coppa dei Campioni, trasformatasi in Champions League, potrebbe divenire un campionato europeo con gare che, probabilmente si disputerebbero il fine settimane relegando i campionati nazionali al martedì o mercoledì.
Per ora nulla di sicuro si sa per come sarà strutturato e quali regole, dal 2020 si dovrebbe saperne in più.
Oramai il grande business ha mandato in soffitta il romantico pallone di cuoio che ha accompagnato generazioni di tifosi.
La finanza planetaria si è impossessato dei club storici e gloriosi del vecchio continente e così africani, petrolieri, russi e cinesi si sono comprati molte delle blasonate società europee da quando è entrata in vigore la sentenza Bosman, 15 dicembre 1995.
Appartiene al passato remoto il ricordo delle partite domenicali che iniziavano tutte contemporaneamente alle 15,00 con milioni di italiani incollati a radio e radioline.
Per soddisfare l’ingordigia monetaria sono state abolite tradizioni decennali che hanno allontanato sempre più tifosi dagli stadi.
Poi sono entrati gli sponsor e le pay-tv che hanno prodotto come risultato formazioni multietniche dove si fa fatica a trovare un cognome peninsulare.
Di rivoluzione in rivoluzione siamo giunti all’Eca, European Club Association costituitosi il 21 gennaio 2008, in sostituzione del G-14 del quale facevano parte Juventus, Milan ed Inter.
Presidente dell’Eca fu eletto Karl-Heinz Rummenigge il quale rimase in carica sino al 5 settembre 2017, data in cui gli è subentrato Andrea Agnelli.
Nei giorni scorsi il presidente della Juventus ha dichiarato “Disputeremo una Super Champions dal 2024”.
Sono 232 i club europei iscritti all’Eca, quelli più ricchi e con maggiore peso politico ed economico, dopo alcune schermaglie con l’Uefa sono stati raggiunti accordi che consentiranno una pacifica sopravvivenza al vecchio organismo con sede a Nyon in Svizzera.
Il nuovo meccanismo della massima competizione continentale si appresta a vivere una vera e propria rivoluzione, per ora l’unica conferma è relativa al numero delle squadre partecipanti, ossia 32.
La novità è che vi dovrebbero esserci quattro gironi con otto squadre a testa, in sostanza ogni club disputerà almeno 14 partite. Le prime due di ogni girone accederanno ai quarti e da quel momento entra in vigore la fase ad eliminazione diretta.
Gare internazionali significano maggiori introiti e per tale ragione prende corpo l’idea di farle disputare nel fine settimane per consentire ai tifosi di seguire i propri colori. Di conseguenza, Serie A, Liga, Bundesliga, Premier League, Ligue 1 e via discorrendo slitterebbero ai giorni infrasettimanali.
Con buona pace di quanti seguono solo i campionati nazionali i quali all’indomani devono svegliarsi presto per recarsi al lavoro.
Il calendario più fitto spingerebbe, inoltre, a ridurre le squadre partecipanti ai campionati nazionali: in Italia la Serie A dovrebbe scendere dalle attuali 20 a 16 o 18 club.
Insomma, si va verso un torneo europeo che diventerà quasi un club esclusivo per milionari.
Negli ultimi due lustri vi è stata una polarizzazione tra le società più ricche e tutte le altre in termini di competitività. La Juventus vince in Italia da otto anni, il Paris Saint Germain in Francia da sette e lo stesso potrebbe accadere al Bayern Monaco se vincerà la resistenza del Borussia Dortmund.
Né è servito a invertire la rotta l’adozione del Fair Play Finanziario, sistema messo in piedi per garantire la sostenibilità dei conti (ogni società non può spendere molto più di quanto incassa) e non per ridurre i divari.
In linea teorica, perà, una Juventus impegnata non meno di 14 volte in Champions League potrebbe attuare un profondo turnover in Serie A, riducendo così il suo vantaggio dalle inseguitrici.
In realtà la nuova competizione continentale dovrebbe portare a incrementare fino a tre, forse quattro volte i ricavi attuali, per cui a conti fatti i club ricchi di oggi lo sarebbero ancor più domani ed il divario lieviterebbe ulteriormente.
Contro questo progetto si sono espresse le leghe nazionali, capeggiate dalla Premier League, che finora ha ottenuto la fetta più grande di ricavi nel ricco mercato asiatico. Ma proprio i grandi club inglesi sarebbero pronti a sganciarsi, abbracciando l’idea di una super lega europea.
Il destino è segnato, dunque?
Parrebbe proprio di sì, ma dando per scontato che il pubblico di appassionati accetti passivamente l’evoluzione in atto. Perché, anche nell’era in cui il calcio è soprattutto business, a far girare la macchina sono i “consumatori” di questo prodotto.
Se un giorno venisse meno la voglia di acquistare le maglie dei campioni, pagare biglietti sempre più alti per recarsi allo stadio o abbonamenti salati alla pay-tv, probabilmente, a fronte di un gioco che sempre meno gioco è, il sistema attuale rischierebbe di collassare.
Con il pericolo concreto che da divertimento si tramuti in noia e distacco.
Riccardo Dinoves
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