Manca poco più di un mese alla competizione elettorale europea e sono iniziate un po’ ovunque le schermaglie elettorali.

Si sono appena chiuse le urne in Spagna e l’esito scaturito è uno di quei minestroni sgraditi a tutti visto vi è una quasi impossibilità a governare senza stare ogni volta a fare la conta.

La sinistra europea urla nel megafono che il Psoe ha stravinto le elezioni visto che ha ottenuto la maggioranza relativa con un misero 28,68% e 123 seggi su 350.

È vero che ha migliorato di 6 punti percentuali rispetto alle consultazioni del 26 giugno 2016 ma bisogna tener conto che il Partito Popolare ha smarrito quasi la metà dei suoi voti passando dal 33,01 al 16,70 ovvero circa 3 milioni e 600 mila schede in meno.

E da qualche parte questi consensi devono pur essere andati.

La sede del Parlamento spagnolo

Media e politici mancini non evidenziano che il partito di destra Vox sarà presente per la prima volta in Parlamento con 24 deputati che significa 10,36%.

Risultato storico per la Spagna.

Sarò una gran brutta gatta da pelare la formazione del nuovo governo.

Il vice ministro uscente, la socialista Carmen Calvo, ha dichiarato che il Psoe proverà a vedere se ci siano le condizioni per governare da solo, ovvero con l’appoggio esterno di altre forze politiche.

Osservando lo scacchiere attuale sembra molto arduo metterlo in pratica senza fare i conti con i 35 deputati di Unidas Podemos visto che il leader Pablo Iglesias, ha da poco sostenuto che la sua coalizione sarebbe stata «imprescindibile» per la formazione di qualsiasi governo di sinistra in Spagna.

Tradotto in vernacolo: chi vuole allearsi con noi deve passare dalle forche caudine dei populisti di sinistra.

I fidanzamenti coatti in genere durano dal tramonto all’alba.

Guglielmo d’Agulto