Ogni giorno un allarme per i cibi e gli alimenti stranieri
I cibi stranieri importati in Italia hanno provocato quasi un allarme alimentare al giorno.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf) in occasione delle elezioni europee che rappresentano una occasione per porre il tema della sicurezza alimentare e della trasparenza dell’informazione ai consumatori in cima all’agenda politica.
Sul totale dei 398 allarmi che si sono verificati in Italia nel 2018, sottolinea la Coldiretti, solo 70 (17%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale, 194 provenivano da altri Paesi dell’Unione europea (49%) e 134 da Paesi extracomunitari (34%).
In altre parole oltre quattro prodotti su cinque pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (83%), dalle nocciole della Turchia, al pollo dal Brasile fino alle arachidi dall’Egitto.
Dal rapporto sono evidenti le maggiori garanzie di sicurezza dei prodotti nazionali mentre preoccupazioni vengono soprattutto dalle importazioni.
Il motivo è spiegato dalla storica relazione della Corte dei Conti Europea del 15 gennaio scorso sui “pericoli chimici negli alimenti che consumiamo”, in cui si parla di tolleranze all’importazione e si chiede alla Commissione Europea di spiegare “quali misure intende adottare” per mantenere lo stesso livello di garanzia per gli alimenti importati rispetto a quelli prodotti nella Ue.
Infatti il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari è stato pari al 4,7% rispetto alla media Ue dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia secondo le elaborazioni Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di pesticidi rilevati sugli alimenti venduti in Europa effettuata dall’Efsa.
In altre parole i prodotti extracomunitari sono 4 volte più pericolosi di quelli comunitari e 12 volte di quelli Made in Italy.
L’Unione europea con accordi preferenziali agevola l’ingresso in Europa di prodotti che spesso non rispettano la normativa comunitaria per i pericoli alla salute, l’utilizzo di sostanze chimiche dannose per l’ambiente o lo sfruttamento dei lavoratori.
E questo accade spesso grazie alla regia e alle norme sancite dagli accordi bilaterali o multilaterali di libero scambio.
Ne sono un esempio secondo la Coldiretti le condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, carciofi, olio di oliva.
Identiche agevolazioni all’Egitto per fragole, uva da tavola e finocchi.
Stesso discorso per l’olio di oliva dalla Tunisia dove non valgono certamente gli stessi standard produttivi, sociali ed ambientali vigenti in Italia.
L’Unione Europea arriva addirittura ad agevolare l’ingresso in Europa del riso dal Vietnam accusato di sfruttamento del lavoro minorile.
“L’esperienza ha dimostrato che nei confronti delle emergenze alimentari l’indicazione di origine in etichetta è importante per intervenire rapidamente, circoscrivere l’allarme e contrastare le psicosi con effetti drammatici sul sistema economico e occupazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel denunciare che “l’Unione Europea vuole bocciare le normative nazionali che consentono agli italiani di sapere da dove viene il grano impiegato nella pasta, il latte utilizzato nei formaggi e il pomodoro nella salsa per evitare che venga spacciato come Made in Italy prodotto straniero”.
L’Italia grazie al pressing della Coldiretti è all’avanguardia in Europa per la trasparenza delle informazioni sulle etichette degli alimenti ma questo primato rischia di essere cancellato dall’entrata in vigore nell’aprile 2020 delle norme europee fortemente ingannevoli per i consumatori.
Raimondo Adimaro
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