Il cinese Qu Dongyu eletto a capo della Fao
Non esistono dati ufficiali ma secondo stime datate 2016 la RPC, Repubblica Popolare Cinese, ha superato 1.400.000.000 di abitanti, gli Stati Uniti stazionano su 330.000.000 e i 28 membri dell’Unione Europea, Gran Bretagna inclusa, superano di poco i 500 milioni.
Ora che la dittatura rossa è stata parzialmente debellata a Pechino si sono resi conto che le ideologie del proletariato creano solo miseria e malessere.
Se solo sino ad un paio di lustri orsono le comunità cinesi vivevano appartate e con poca voglia di socializzare con le collettività che le ospitavano, negli ultimi anni le insegne di attività commerciali e artigianali dei figli della Grande Muraglia nel nostro Paese sono in continuo sviluppo.
In Lombardia vi sono 1.716 bar gestiti da cinesi. Nel primo trimestre 2019 nella Città Metropolitana di Milano ne erano presenti 850, nella provincia di Brescia erano 164, in quella di Bergamo 151 e infine a Sondrio e Lecco erano 18.
Numeri che fanno riflettere, come fa riflettere il comunicato del ministero della Salute dal quale si scopre che nel solo mese di maggio 2019, periodo nel quale è stato rafforzato il dispositivo di controllo allo specifico settore, i NAS hanno effettuato 515 ispezioni che hanno determinato l’accertamento di irregolarità in 242 strutture (pari al 47% circa degli obiettivi controllati).
L’incidenza delle non conformità è sicuramente maggiore nel settore della ristorazione, dove il 48% dei locali controllati ha presentato delle irregolarità, mentre tale valore si riduce al 41% nei controlli a grossisti e depositi di alimenti etnici.
Ma la notizia più eclatante delle ultime ore proviene sempre da Roma ma dalla sede della FAO, Food and Agriculture Organization, dove il biologo e viceministro dell’Agricoltura cinese Qu Dongyu, 55 anni, è stato eletto al primo scrutinio con 108 voti come direttore generale.
Si è sbarazzato con estrema facilità della francese Catherine Geslain-Lanéelle, 71 voti, e del candidato georgiano, Davit Kirvalidze, appena 12 voti.
Sostituirà il brasiliano José Graziano Silva e rimarrà in carica per quattro anni.
Questa importante consultazione ha significato un eclatante successo per i paesi sudamericani, asiatici e africani. Europa e Stati Uniti gli sconfitti, ennesima prova che i paesi emergenti sono una realtà con la quale bisogna confrontarsi sempre di più.
Qu Dongyu ha dichiarato “farà di tutto per essere imparziale e neutrale” e che “questa è una data storica per l’agricoltura mondiale”.
Ha promesso di essere “concreto” per combattere la fame e la povertà nel mondo, che si rende necessario “riformare e trasformare”l’agenzia delle Nazioni Unite e “realizzare una nuova FAO, pi+ giovane e più dinamica”.
Ha parlato di un possibile coordinamento con il gigante della vendita al dettaglio cinese Ali Baba, citato due volte nel suo intervento, così come con la fondazione americana Bill e Melinda Gates, che è molto coinvolta nella ricerca agricola in Africa in particolare.
Le concrete intenzioni di Pechino sono quelle di aumentare la presenza di suoi cittadini nelle fila dei vertici delle Nazioni Unite, occupare quante più posizioni è possibile nella direzione di agenzie, fondi e programmi.
Oggi i cinesi sono a capo dell’ICAO (International Civil Aviation Organization), dell’UNIDO (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale) e dell’ITU (International Telecommunications Organization).
Un cinese, nominato dal segretario generale delle Naziomni Unite, Antonio Guterres, è anche a capo del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite.
Pechino aveva collocato un suo cittadino, Meng Honwei, a capo dell’Interpol poi lo scorso settembre Meng programma un viaggio nella sua città, Harbin nella parte nordorientale del Paese, e riceve un’accusa di corruzione e lo traggono in arresto.
Processato in tempi rapidi ne esce con una sentenza di colpevolezza, da allora si sono perse le tracce.
Niccolò Rejetti
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