Poco interessati in Germania e in Olanda alla Sea Watch 3
Dopo l’ingresso in acque territoriali della Sea Watch 3, il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha detto che “l’Olanda deve svegliarsi” e che a “Berlino qualcuno deve rispondere delle Ong tedesche”. Dal canto suo, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha dato istruzioni all’ambasciatore all’Aja di fare un passo formale presso il governo olandese.
La Sea Watch 3 batte bandiera olandese ma appartiene a una Ong tedesca.
Al G20 del 28 e 29 giugno che si terrà in Giappone, ad Osaka, il presidente del Consiglio Conte potrebbe parlarne con l’omologo Rutte.
Ma cosa se ne dice nei Paesi Bassi e Germania?
“Non è un argomento di cui si parla, qui. Non è sulle prime pagine dei giornali né vi si dedicano approfondimenti TV. I quotidiani si limitano a riportare i fatti, ma a livello di opinione non é un fatto politico”, afferma Matthijs le Loux, redattore responsabile dell’attualità per il sito olandese Nu.nl.
Il dossier non è dibattuto a livello nazionale ma “solo da un punto di vista tecnico. La questione riguarda un’organizzazione tedesca, penso che il pubblico olandese non la consideri come una responsabilità olandese. Vogliamo che il tutto venga risolto da un punto di vista europeo”. L’opinione di le Loux è condivisa anche da altri suoi colleghi connazionali del settore.
Tra dicembre 2018 e l’inizio di gennaio 2019, la Sea Wath3 e la Sea Eye vagarono per giorni nel Mediterraneo in attesa di indicazione di un porto sicuro, prima di poter sbarcare a Malta.
Una circostanza simile a quella che si è ripetuta in questi giorni. La soluzione trovata fu la redistribuzione di 49 migranti tra otto Paesi europei, tra cui Italia e Olanda.
Il sottosegretario di Stato olandese Mark Harbers, ex ministro della giustizia con delega all’immigrazione, deplorò l’assenza di una soluzione a lungo termine, sostenibile per tutti i Paesi europei. La “decisione ad hoc” avrebbe solamente messo una pezza temporanea, opinione condivisa anche dal portavoce del ministro degli Interni tedesco, Alter, e il problema si sarebbe posto di nuovo in futuro. Come effettivamente è successo.
Harbers aggiunse che i Paesi Bassi avrebbero preso in consegna quei migranti (6) per l’ultima volta. “Non collaboreremo più in futuro, Questa è stata l’ultima volta, la prossima volta resteranno alla deriva più a lungo” dichiarò in conferenza stampa.
Dopo un altro salvataggio, a fine gennaio la Sea Watch 3 arrivò al porto di Catania dove fu sottoposta a un’ispezione della Guardia Costiera per una verifica tecnica della nave. Alla luce di una “serie di non conformità”, a fine febbraio, su provvedimento rilasciato dal ministro dei Trasporti olandese, la nave della Ong fu autorizzata a salpare per Marsiglia così da poter ultimare i lavori di adeguamento. In sostanza, venne ritenuta non idonea a trasportare tante persone per un lungo periodo di tempo in mare aperto.
Il 2 aprile scorso, il ministro Cora van Nieuwenhuizen introdusse nuove regole (entrate in vigore il giorno dopo) che interessavano le navi impegnate in operazioni di ricerca e soccorso, impedendo di fatto alla Sea Watch 3 di lasciare il porto di Marsiglia qualora non avesse apportato le necessarie modifiche.
La Ong fece ricorso e una corte de L’Aia stabilì che le nuove direttive sulle misure di sicurezza a bordo non erano state abbastanza chiare né comunicate tempestivamente, ledendo i principi di certezza del diritto, così da dare tempo allo staff di potersi adeguare.
Le due parti hanno ora tempo fino al 15 agosto per avviare una “conversazione costruttiva” sui criteri di riammodernamento della nave.
Mentre la Sea Watch è ancora in rada a Lampedusa, da Amsterdam è giunta la dichiarazione del Segretario di Stato alla giustizia, la conservatrice Ankie Broekers-Knol, che nel frattempo ha sostituito Harbers: “I Paesi Bassi comprendono la situazione italiana. Il governo sostiene il dovere di salvare vite umane in mare, ma allo stesso tempo è importante che tali operazioni non contribuiscano al mantenimento delle attività dei trafficanti che mettono a repentaglio deliberatamente vite umane. Insieme ci sforziamo di trovare una soluzione strutturale per lo sbarco in un contesto europeo”.
Insomma, l’Olanda reitera ufficialmente l’allusione che esista una correlazione tra presenza di Ong in mare e partenze di migranti e sprona la Ue a trovare un consenso condiviso sulla riforma di Dublino.
In Germania il caso è presente sui media, è stato per qualche ora trending su Twitter ed appare su ogni sito Internet, ma al momento l’attenzione dei giornalisti è focalizzata sulla salute di Angela Merkel, sul processo per gli abusi su 40 minori e sulla violenza terroristica di estrema destra.
In Germania si pensa ad altro.
Da segnalare, infine, la disponibilità dei sindaci di Münster, Dortmund, Düsseldorf, Wetter e Colonia ad accettare i rifugiati nelle loro strutture.
Il commissario greco con delega alle migrazioni, Dīmītrīs Avramopoulos, ha affermato che “alcuni Stati membri stanno mostrando la volontà di partecipare a uno sforzo di solidarietà, e chiedo ad altri di unirsi. Continuiamo ad essere vicini all’Italia e agli altri Paesi sotto pressione perché è solo con un approccio europeo unitario e lavorando a stretto contatto con i partner esterni che potremo trovare delle vere soluzioni”.
Raimondo Adimaro
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