Le donne nel pallone, troppo poche e ruoli marginali
È appena ripartito il circo mediatico del calcio e immediatamente sono scattate le polemiche, le lamentele e gli arrembaggi alla classe arbitrale.
Quello italiano, è un pallone malato che ancora non si è ripreso dalla storica eliminazione ai mondiali 2018.
A pagare per la cocente umiliazione sono stati il presidente della Figc Carlo Tavecchio e il ct della nazionale Gian Piero Ventura.
I milioni di tifosi delusi dagli azzurri si sono riversati sulle azzurre.
Il successo mediatico dei mondiali di calcio femminili, andati in scena in Francia a cavallo di giugno e luglio, ha acceso i riflettori sul ruolo delle donne nel mondo del calcio: non solo dal punto di vista sportivo, ma anche sotto il profilo manageriale e gestionale.
Il dibattito sulla differenza salariale esistente tra giocatori e giocatrici, è da anni un tema caldo in quelle nazioni, come gli Stati Uniti o la Norvegia, dove il calcio femminile è una realtà consolidata.
Basti pensare alla recente mobilitazione di molte star di Hollywood a favore della nazionale femminile a stelle e strisce.
Ma anche in Italia, grazie anche alla visibilità ottenuta nell’ultimo anno, il tema è diventato di stretta attualità.
Per questo Governo e Figc hanno di recente annunciato di volersi attivare per adeguare la normativa ad un contesto in rapidissima evoluzione.
Come pure a livello manageriale e dirigenziale il calcio italiano sembra essere terreno pressoché esclusivo degli uomini.
Nonostante il settore professionistico sia ormai diventato una delle principali industrie del Paese, con un giro d’affari di 3,4 miliardi di euro (18 miliardi considerato l’indotto) e con professionalità provenienti da altri settori economici quali la finanza, il marketing e la comunicazione, la rappresentanza femminile continua ad essere parecchio ridotta.
Il peso delle donne nei consigli di amministrazione delle 20 società che hanno partecipato al campionato di Serie A 2018-2019 è pari solo al 14% del totale.
Un dato inferiore a quello dell’economia italiana nel suo complesso dove, secondo le rilevazioni di Unioncamere-InfoCamere, i consiglieri donna rappresentano circa il 25% del totale.
In termini assoluti sui 120 amministratori che siedono nei board dei club del massimo campionato italiano solo 17 sono donne.
Di queste,cinque sono legate da rapporti di parentela stretta al proprietario del club.
Si tratta di Jacqueline Marie Baudit e Valentina De Laurentiis, rispettivamente moglie e figlia del presidente del Napoli; Rebecca Corsi, figlia del presidente dell’Empoli, Fabrizio; Adriana Spazzoli, moglie del patron del Sassuolo, Giorgio Squinzi; e Giuliana Linda, moglie del proprietario dell’Udinese Giampaolo Pozzo.
Depurando il dato dai rapporti di parentela il peso delle donne nei cda delle società di Serie A scenderebbe all’11%. Questo nonostante ad alzare la media ci siano club come Juventus, Roma e Lazio, che in quanto quotati a Piazza Affari sono tenuti a riservare il 33% dei posti in Consiglio alla quota rosa.
Paradossalmente la Serie A va meglio della Premier League, dove le donne che siedono nei board dei club inglesi sono 35 su 523 con un’incidenza del 6,69%.
Tuttavia in Uk l’universo femminile è più rappresentato a livello manageriale, specie in posizioni apicali. Per quanto riguarda la Serie A il peso delle donne nel top management delle società è del 12%.
Complessivamente negli organigrammi dei club della prima categoria figurano 33 donne su un totale di 285 manager.
Le aree maggiormente presidiate dalle donne sono quelle legate ad amministrazione e finanza (34% del totale), al commerciale (27%) e alla gestione delle risorse umane (18%).
Nessuna donna ricopre invece un ruolo chiave nel settore tecnico.
Diversa la situazione in Inghilterra dove le donne si occupano anche della parte tecnica a partire dal calciomercato. Basti pensare a Marina Granovskaia, braccio destro di Roman Abramovich e dal 2014 amministratore delegato del Chelsea.
È lei la regista delle mosse dei Blues degli ultimi anni, sue le scelte sugli allenatori da esonerare (ne sanno qualcosa José Mourinho e Antonio Conte) e dei calciatori da acquistare o vendere.
Ma la “zarina”, considerata la donna più potente del calcio mondiale, non è l’unica donna a guidare un club di Premier League.
Niccolò Rejetti
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