Se le ong del Mediterraneo inventano malattie e certificati
Il business dei migranti con i gommoni è talmente allettante che sollecita la fantasia di quanti si prodigano per far sbarcare questi giovanotti sorridenti e benestanti sulle coste italiche.
Giunta al capolinea l’era Salvini è agevole ipotizzare che il traffico marittimo dalle coste nordafricane riprenderà a ritmi elevati e si ricomincerà a foraggiare associazioni cattocomuniste e coop biancorosse.
L’ultima genialità partorita dalla mente delle caritatevoli ong per far sbarcare i giovanotti è il rilascio di certificati medici attestanti la gravità degli imbarcati.
Tutto è accaduto a Lampedusa quando dalla nave Marie Jonio, utilizzata dall’ong italiana Mediterranea Saving Humans, sono giunti decine di irregolari alla ricerca dell’eldorado fatti sbarcare per gravi motivi sanitari.
Su 98 persone soccorse dalla Mare Jonio, 64 sono scese quasi subito: alcuni sono minorenni, altre donne, altri migranti risultano invece bisognosi di cure. Nei giorni successivi ne scendono altri tre, infine i 31 rimasti vengono tutti trasbordati su una motovedetta della Guardia Costiera per essere trasferiti a Lampedusa. Il motivo è sempre lo stesso: problemi di salute.
Pochi giorni prima un epilogo molto simile si ha per la Open Arms, la nave dell’omonima Ong spagnola che preferisce i porti italiani piuttosto che quelli iberici: dopo i primi trasbordi per motivi di salute di alcuni migranti, il mezzo viene sequestrato dalla procura di Agrigento in base alle testimonianze raccolte che sostengono vi siano situazioni drammatiche all’interno della nave.
Dunque, per far sbarcare i giovanotti si è partorito l’escamotage della salute.
Però, andando a spulciare tra i referti medici raccolti nel poliambulatorio dell’isola più grande delle Pelagie, si notano alcune diagnosi parecchio discordanti.
La trasmissione Quarta Repubblica, condotta da Nicola Porro, ha inviato sull’isola una reporter per comprendere bene le ragioni di queste presunte calamità sanitarie.
Le telecamere si trovano a Lampedusa mentre arrivano dalla Mare Jonio tre migranti che, secondo la ricostruzione fornita dalla nave dai membri di Mediterranea, necessitano di cure molto urgenti.
Difficoltà a deambulare per una donna, ematuria per un ragazzo del Mali, dolori addominali atroci per un altro migrante di diciotto anni.
Queste le urgenze segnalate dalla ong.
Una volta però giunti presso il presidio medico di Lampedusa, i medici constatano una situazione differente ed i tre protagonisti vengono visti salire vispi, allegri e pimpanti con le proprie gambe dentro un pulmino e diretti verso il locale hotspot di contrada Imbriacola.
“Come stanno i ragazzi?”, chiede l’inviata di Quarta Repubblica appena fuori il poliambulatorio.
La risposta del medico è lapidaria: “Bene, vengono portati adesso al centro”.
Viene fatta la stessa domanda in inglese direttamente ad uno dei migranti, il quale risponde anch’egli di stare bene.
“Stanno benissimo, lo ha visto anche lei”, dichiara poi una donna del personale sanitario davanti alle telecamere, la quale accusa chi ha fornito la diagnosi di prendere in giro il collega di turno: “Non puoi inventarti una diagnosi per farli scendere. Anche perché poi devi confrontarti con un collega e questo si sente preso in giro”.
Non è la prima volta che accade.
Sempre all’interno del presidio medico di Lampedusa, un’altra testimonianza parla di un caso che riguarda una ragazza fatta sbarcare da una nave ong nei giorni precedenti al caso Mare Jonio. Potrebbe trattarsi della Sea Watch 3 o della Open Arms.
“Una volta hanno fatto sbarcare una ragazza perché il medico di bordo aveva fatto una diagnosi di metrorragia – dichiara l’altro testimone intervistato, che però non vuole farsi riconoscere –. Metrorragia vuol dire perdere sangue. Portano la ragazza qua, ma aveva la pressione a posto, niente di particolare, aveva valori nella norma”.
Il referto, mostrato alle telecamere, nella parte finale smentisce la prima diagnosi: “Assenza di tracce di sangue, in atto nessuna emergenza sanitaria”.
Ci sono dunque due diagnosi del tutto differenti. Una delle due, o quella redatta dal medico di bordo della nave ong oppure quella del medico di turno presso il poliambulatorio di Lampedusa, è sbagliata, distante dalla realtà.
Secondo il testimone ascoltato da Quarta Repubblica, a fare la diagnosi a bordo sarebbe stata una volontaria dell’Ordine di Malta: “Perché devo sobbarcarmi di farmi prendere per i fondelli. Qui non c’è errore, c’è dolo”.
Dalla sede dei volontari dell’Ordine di Malta non arrivano spiegazioni in merito.
Di certo, tra chi opera nel presidio sanitario di Lampedusa, emerge forte il sospetto di diagnosi redatte a bordo in modo tale da favorire lo sbarco di migranti, anche in situazioni non di emergenza.
Le ong hanno escogitato una nuova rotta per far sbarcare questi giovanotti alla ricerca dell’eldorado che non c’è.
Guglielmo d’Agulto
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