Più che lotta all’evasione serve una dura lotta allo spreco
Ci sono ragionevoli certezze nel ritenere che nel rapporto “dare-avere” tra lo Stato e il contribuente italiano, il soggetto maggiormente leso non sia il primo, bensì il secondo.
Considerando tutta una serie di caveat, che saranno sviluppati successivamente, la tesi è la seguente: la dimensione economica dell’evasione fiscale presente in Italia (110 miliardi) è poco più della metà dei costi a carico di cittadini e imprese relativi a sprechi, sperperi e inefficienze generate dalla Pubblica amministrazione (almeno 200 miliardi di euro).
L’Ufficio studi della CGIA è pervenuto a questa conclusione partendo dall’analisi di alcuni dati di contesto e rammentando che uno Stato di diritto si basa, tra le altre cose, sul principio della legalità. Sia chiaro, chi evade commette un reato e va perseguito ovunque esso si annidi; tuttavia, la legalità deve essere rispettata da tutti: sia dai soggetti pubblici sia da quelli privati.
Il record di infrazioni europee subite dal nostro Paese fino ad oggi, ad esempio, dimostra che le nostre istituzioni pubbliche devono migliorare tantissimo.
Segnaliamo che tra le procedure in corso nei confronti dell’Italia figurano quelle sulla pessima qualità dell’aria presente in molte città, la presenza dell’arsenico nell’acqua potabile, il mancato rispetto dei tempi di pagamento da parte della nostra Pubblica Amministrazione (PA) e i livelli di inquinamento presenti nell’area dell’ex Ilva di Taranto.
Torniamo al rapporto “dare-avere” tra lo Stato e il contribuente italiano. Secondo una stima del ministero dell’Economia, l’ammontare complessivo dell’evasione in Italia si attesterebbe attorno ai 110 miliardi di euro all’anno.
Una cifra, quella dovuta all’infedeltà fiscale degli italiani, spaventosamente elevata che, secondo gli artigiani veneti, sarebbe comunque molto inferiore al costo che i cittadini e le imprese sopportano in ragione del cattivo funzionamento della PA e degli effetti negativi procurati dal mancato rispetto della norme e dei regolamenti vigenti da parte di un pubblico ufficiale o di un incaricato al pubblico servizio.
Mettendo in fila i risultati di alcune analisi condotte da una mezza dozzina di istituzioni molto autorevoli, il danno economico per i contribuenti italiani sarebbe di almeno 200 miliardi di euro all’anno.
Si tratta di una dimensione economica quasi doppia a quella dell’evasione.
È una comparazione che non ha alcun rigore scientifico: gli effetti economici delle inefficienze pubbliche che si “scaricano” sui privati sono di fonte diversa, gli ambiti in molti casi si sovrappongono e non sono addizionabili.
Tuttavia, il ragionamento ha una sua fondatezza: nonostante ci sia tanta evasione, una PA poco efficiente causa ai privati dei danni economici nettamente superiori.
Una conclusione che non appare per nulla scontata, visto che c’è una buona parte dell’opinione pubblica che se da un lato ha una forte sensibilità verso il tema dell’evasione, dall’altro lato avverte in misura meno preoccupante gli effetti degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze della PA.
È verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte delle risorse nascoste al fisco, la nostra macchina pubblica avrebbe più risorse, funzionerebbe meglio e, forse, si potrebbe ridurre il carico fiscale.
Tuttavia, è altrettanto plausibile supporre che se si riuscisse a tagliare sensibilmente le inefficienze presenti nella spesa pubblica, il Paese reale ne trarrebbe beneficio e, molto probabilmente, l’evasione e la pressione fiscale sarebbero più contenute.
Non a caso molti affermano che la fedeltà fiscale di un Paese sia direttamente proporzionale al livello delle tasse a cui sono sottoposti i propri contribuenti.
Ovvio che sarebbe sbagliato generalizzare e non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori della nostra PA, come, ad esempio, la sanità nelle regioni centro-settentrionali, il livello di insegnamento e di professionalità presenti in molte Università/enti di ricerca e la qualità del lavoro effettuato dalle forze dell’ordine.
Le imprese italiane, essendo prevalentemente di piccolissima dimensione, hanno bisogno di un servizio pubblico efficiente, economicamente vantaggioso e di alta qualità, in cui le decisioni vengano prese senza ritardi e vi sia certezza per quanto riguarda le leggi e la durata delle procedure.
Se, al contrario, la farraginosità della nostra legislazione continuerà a lasciare una grande discrezione interpretativa ai dirigenti e ai funzionari pubblici, è evidente che le distorsioni presenti nel pubblico impiego avranno ricadute negative sul nostro sistema economico privato.
In sintesi i costi del cattivo funzionamento della PA possono essere così sintetizzati:
– il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la PA (burocrazia) è pari a 57 miliardi di euro (Fonte: The European House Ambrosetti);
– i debiti commerciali della PA nei confronti dei propri fornitori ammontano a 53 miliardi di euro (Fonte: Banca d’Italia);
– il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 40 miliardi di euro all’anno (Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti);
– se la giustizia civile italiana avesse gli stessi tempi di quella tedesca, il guadagno in termini di Pil sarebbe di 40 miliardi di euro all’anno (Fonte: CER-Eures);
– sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di abbassare la nostra pressione fiscale alla media UE (Fonte: Discussion paper 23 Commissione Europea);
– gli sprechi e la corruzione presenti nella sanità costano alla collettività 23,5 miliardi di euro ogni anno (Fonte: ISPE);
– gli sprechi e le inefficienze presenti nel settore del trasporto pubblico locale ammontano a 12,5 miliardi di euro all’anno (Fonte: The European House Ambrosetti-Ferrovie dello Stato).
Questi malfunzionamenti non si possono sommare, anche perché in molti casi le aree di influenza di queste analisi si accavallano.
Tuttavia, tali avvertenze non pregiudicano la correttezza della riflessione espressa sopra.
In buona sostanza, è lecito affermare che l’ammontare dell’evasione fiscale sia molto inferiore degli effetti negativi generati dal cattivo funzionamento della nostra PA che, spesso, si manifestano a seguito di una palese violazione delle norme di legge e dei regolamenti compiuta da dirigenti e funzionari pubblici poco solerti.
Guglielmo d’Agulto
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