Ogni giorno in Italia si trova uno scandalo alimentare
Nel 2019 in Italia è scoppiato fino ad oggi più di un allarme alimentare al giorno, per un totale di ben 281 notifiche inviate all’Unione Europea durante l’anno.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata al Forum Internazionale dell’agroalimentare a Cernobbio dove è stata apparecchiata la tavola dei cibi più pericolosi venduti in Italia nel 2019 sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf) relative ai primi nove mesi.
Sul totale di 281 allarmi che si sono verificati 124 provenivano da altri Paesi dell’Unione Europea (44%) e 108 da Paesi extracomunitari (39%).
In altre parole oltre quattro prodotti su cinque più pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (83%).
I pericoli maggiori per l’Italia sono infatti venuti dal pesce spagnolo, come tonno e pescespada, con alto contenuto di mercurio e dal pesce francese, sgombro in primis, per l’infestazione del parassita Anisakis.
Sul podio del rischio ci sono anche i materiali a contatto con gli alimenti (MOCA), per i quali si riscontra la cessione di sostanze molto pericolose per la salute del consumatore (cromo, nichel, manganese, formaldeide ecc.), in particolare per quelli importati dalla Cina.
Nella black list alimentare ci sono poi i pistacchi dalla Turchia e le arachidi dall’Egitto per l’elevato contenuto di aflatossine cancerogene, presenti anche nei pistacchi dagli Stati Uniti e la salmonella enterica nelle carni avicole polacche.
Sul podio dei Paesi da cui arrivano in Italia il maggior numero di prodotti rischiosi al primo posto emerge la Spagna con 54 notifiche, riguardanti principalmente la presenza di mercurio nel pesce, seguita dalla Cina con 28 segnalazioni, soprattutto per migrazione di metalli nei materiali a contatto con alimenti e dalla Turchia con 22 avvisi, maggiormente per aflatossine nella frutta in guscio.
E questo accade nonostante il fatto che la Cina e la Turchia rappresentano rispettivamente appena il 2% e l’1% del valore delle importazioni agroalimentari in Italia mentre la Spagna arriva circa al 10%.
Dai risultati sono evidenti le maggiori garanzie di sicurezza dei prodotti nazionali mentre i pericoli vengono soprattutto dalle importazioni.
Il motivo è spiegato dalla relazione della Corte dei Conti Europea del 15 gennaio scorso sui “pericoli chimici negli alimenti che consumiamo, in cui si parla di tolleranze all’importazione e si chiede alla Commissione Europea di spiegare “quali misure intende adottare” per mantenere lo stesso livello di garanzia per gli alimenti importati rispetto a quelli prodotti nella Ue.
Infatti, sugli alimenti importati è stata individuata una presenza irregolare di residui chimici più che doppia rispetto a quelli Made in Italy con i pericoli che si moltiplicano per gli ortaggi stranieri venduti in Italia che sono quasi cinque volte più pericolosi di quelli nazionali, secondo l’ultimo report del ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti” pubblicato in agosto 2019.
Su circa 11.500 i campioni di alimenti (ortofrutta, cereali, olio, vino, baby food e altri prodotti) analizzati per verificare la presenza di residui di prodotti fitosanitari appena lo 0,9% dei campioni di origine è risultato irregolare ma la percentuale sale al 2% se si considerano solo gli alimenti di importazioni e tra questi il record negativo è fatto segnare dagli ortaggi dall’estero con il 5,9%.
Se si evidenzia il primato del Made in Italy nella sicurezza alimentare a livello internazionale ed europeo, dove la media delle irregolarità è del 2,5%, a preoccupare è la presenza sul territorio nazionale di alimenti di importazione con elevati livelli di residui.
In questo contesto, in caso di allarme alimentare le maggiori preoccupazioni sono proprio determinate dalla difficoltà di rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio generando un calo di fiducia che provoca il taglio generalizzato dei consumi e che spesso ha messo in difficoltà ingiustamente interi comparti economici, con la perdita di posti di lavoro.
L’esperienza di questi anni dimostra l’importanza di una informazione corretta con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine nazionale dei prodotti che va esteso a tutti gli alimenti.
Va anche tolto in Italia il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati in situazioni di emergenza sanitaria che si ripetono sempre più frequentemente.
Una preoccupazione viene anche per l’elevato numero di allarmi alimentari che riguardano Paesi come l’Argentina ed il Brasile che fanno parte del gruppo dei Mercosur con i quali l’Unione Europea ha siglato accordi di libero scambio per agevolare proprio le importazioni di riso, agrumi e carne.
Anche per queste ragioni l’Italia non deve ratificare l’accordo.
Riccardo Dinoves
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