Il governo discrimina le scuole paritarie per farle chiudere
Lo Stato italiano esclude dal concorso i docenti delle pubbliche paritarie.
Ecco un buon modo per tradire i dettami costituzionali.
Il decreto-legge salva precari, approvato il 10 ottobre, autorizza il Miur a bandire un concorso straordinario abilitante per l’assunzione di almeno 24.000 docenti nella scuola secondaria statale di I e II grado per il prossimo anno scolastico (il 2020/2021).
Ma sono esclusi i docenti delle 2.200 scuole secondarie pubbliche paritarie.
La legge 62/2000 obbliga ad avvalersi di docenti abilitati, pena la chiusura, ma lo Stato, cui spetta il diritto-dovere di abilitare i docenti, non avvia i percorsi che possano permettere ai giovani laureati di conseguire l’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria, potendo poi scegliere la paritaria.
Come dire alla scuola: “Ti faccio terrà bruciata, così muori”.
E al suddetto giovane laureato: “La tua laurea non è valida per conseguire l’abilitazione”.
Da notare che si tratta di un concorso indirizzato non solo ad ottenere un posto di lavoro o a colmare le 24 mila cattedre vacanti, ma anche ad abilitarsi.
Un aspirante docente, dopo la laurea, deve abilitarsi.
All’art. 6 del decreto si legge che il concorso straordinario abilitante sarà riservato a tutti gli insegnanti con una anzianità pregressa di servizio di almeno 3 anni – anche sul sostegno – e di cui uno nella classe di concorso per la quale affrontano la selezione.
Il servizio è preso in considerazione unicamente se prestato nelle scuole secondarie statali.
Nulla è previsto per i laureati che lavorano nelle pubbliche paritarie o che potrebbero anche solo ipotizzarlo…
È una discriminazione voluta e lucidamente perseguita, che lede il diritto della persona e ci precipita al secolo scorso. Impossibile che i redattori del decreto si siano distratti.
Si ricorda che lo Stato non deve fare altro che riconoscere dei diritti che già sono esistenti; il contrario appartiene ai regimi totalitari.
Appare evidente che un regime totalitario dichiarato non è differente da uno travestito da democrazia che lede la persona nel suo sviluppo singolo e associativo a colpi di decreti.
Siamo oggettivamente in questa situazione.
Quanto deciso mette in crisi l’impostazione personalistica dell’intera Costituzione che così recita all’art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Se l’abilitazione è un diritto per il cittadino laureato della scuola pubblica statale, deve esserlo anche per il cittadino laureato della scuola pubblica paritaria.
Entrambe appartengono al Servizio Nazionale di Istruzione.
Il riconoscimento dei diritti “inviolabili” dell’uomo è stato per i Costituenti il rovesciamento della prospettiva dei regimi autoritari nei quali al centro del sistema è lo Stato, valore primario di fronte al quale i diritti non hanno tutela.
L’art.2 segna chiaramente il passaggio dalle Costituzioni liberali alle Costituzioni del secondo dopoguerra, aperte al sociale.
È una visione nuova, che arricchisce la precedente e pone le basi di una società nella quale la “persona” è considerata nella realtà concreta in cui vive, una realtà che mostra differenze profonde di condizioni di vita e solo teoricamente tutti sono eguali.
Su queste premesse si arriverà alla norma successiva, l’art. 3, che al comma 2 impone alla Repubblica di colmare le differenze.
Possiamo credere forse di asfaltare anni di democrazia faticosamente conquistata con delle pseudo scuse?
Difatti all’art. 6 si legge: “Al fine di contrastare il ricorso a contratti a tempo determinato nelle istituzioni scolastiche statali e per favorire l’immissione in ruolo dei relativi precari, il servizio di cui al comma 5, lettera a), è preso in considerazione unicamente se prestato nelle scuole secondarie statali.”
È evidente che lo Stato deve uscirne.
Costi quel che costi.
D’altronde il capolavoro dell’ingiustizia è di apparire giusta senza esserlo.
Ma il capolavoro dell’ingiustizia che appare giusta non finisce qui.
Cosi, impedendo ai docenti delle scuole pubbliche paritarie di abilitarsi, queste ultime, che hanno per legge l’obbligo di assumere docenti abilitati, dovranno chiudere.
Con il disonore che verrà rimproverato loro, di non rispettare la legge.
Ora si attende la reazione da parte dei bastonati, la speranza è che qualcuno si svegli.
Niccolò Rejetti
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