L’Italia nel 2018 ha venduto armi ad Erdogan per 362 milioni
La Turchia ha attaccato i curdi in Siria utilizzando anche armi italiane.
Il Paese di Erdogan è infatti il terzo acquirente di armi made in Italy, dopo Qatar e Pakistan, e negli ultimi 5 anni ha comprato armamenti per 943 milioni di euro dalle fabbriche italiane.
Per la verità, non è detto si tratti di acquisti già conclusi, ma i dati disponibili si riferiscono alle commesse autorizzate dal governo italiano, come prevede la legge, e quindi già avviate.
In altre parole: gli acquisti potrebbero concretizzarsi solo anni dopo rispetto all’autorizzazione o non concretizzarsi mai.
Come emerge dalla “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” le esportazioni di armi italiane in Turchia sono aumentate costantemente dal 2013 a oggi.
Nel 2013 le licenze di export verso la Turchia autorizzate avevano un valore di 11,4 milioni. L’importo è salito a 52,5 milioni nel 2014, 128,8 milioni nel 2015, 133,4 milioni nel 2016, 266,1 milioni nel 2017 e 362,3 milioni nel 2018.
Se si vanno a guardare quali sono gli altri acquirenti di armi italiane al primo posto troviamo il Qatar: acquista armi per 1,9 miliardi di euro.
Il secondo è il Pakistan con 692 milioni di euro di operazioni autorizzate nel 2018.
Il quarto Paese sono gli Emirati Arabi Uniti, ma in passato hanno suscitato polemiche anche le vendite di armi verso l’Egitto (nel 2018 sono state autorizzate operazioni per 69 milioni).
Come funziona? Un’azienda che produce armi o la relativa tecnologia può esportarle solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal proprio governo.
La legge che regola la vendita di armi italiane all’estero è la 185 del 1990: vieta l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso Paesi in conflitto, a meno che non siano stati aggrediti da altri Paesi (come stabilisce l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite), verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’art. 11 della Costituzione e verso Paesi i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani.
Com’è ovvio, non si tratta di normali prodotti, ma di rapporti commerciali che potrebbero incidere su questioni di politica estera e sicurezza nazionale oppure violare embarghi imposti dall’Onu o dall’Unione europea.
La cosiddetta Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento concede così le autorizzazioni alle aziende che le richiedono.
L’organo è formato da personale del Ministero degli Esteri, della Difesa, dello Sviluppo economico e della presidenza del Consiglio.
La tipologia di arma italiana più venduta è l’elicottero da guerra: vale 2,6 dei 5,2 miliardi di euro di autorizzazioni concesse nel 2018.
Al secondo posto (459 milioni) c’è la categoria “bombe, siluri, razzi, missili ed accessori”.
Ma nella relazione non viene specificato quale tipologia di armi viene venduta a ciascun Paese.
Si conoscono, però, le aziende che esportano armi all’estero.
Quella che nel 2018 ha ottenuto più autorizzazioni è stata Leonardo, la ex Finmeccanica, con 915 autorizzazioni per un valore di 3,2 miliardi di euro.
Leonardo, che ha come principale azionista il ministero italiano dell’Economia e delle Finanze, è infatti la principale società che produce armi in Italia e realizza, tra le altre cose, proprio elicotteri.
Niccolò Rejetti
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