Italiani popolo di pastaioli ne consumano 23 kg all’anno
Nel corso del Congresso mondiale dei pastifici del 1995, 40 produttori decisero di istituire il World Pasta Day, Giornata mondiale della Pasta, e la data prescelta fu mercoledì 25 ottobre. Da allora si è sempre festeggiato il giorno della pasta.
Questo alimento è conosciuto da almeno 7mila anni, i primi riscontri storici risalgono al 5.000 a.C.
Nulla a che vedere con la realtà la storiella che vorrebbe Marco Polo importatore degli spaghetti dal Catai, l’odierna Cina, visto che tale novella è stata fatta circolare ad inizio ottobre 1929 sul “The Macaroni Journal”, periodico dell’associazione produttori americani.
A parere dei buontemponi un marinaio di nome Spaghetti si trovava sul vascello di Marco Polo, un giorno sbarcato nei pressi di un villaggio notò una donna affaccendata a preparare in una terrina una pasta lunga e sottile. Si fece spiegare la preparazione e si impossessò dell’occorrente per prepararla a bordo.
Il composto ottenuto venne steso al sole per l’essiccazione e successivamente ebbe l’intuizione di darli cuocere sul fuoco utilizzando l’acqua marina. Risultato da applausi che fu bissato una volta tornato in patria. Così scrivevano sul “Macaroni”.
Il racconto piacque ai lettori e nel 1938 ad Hollywood si girò “The adventures of Marco Polo” con la magistrale interpretazione di Gary Cooper, successo planetario e da allora Marco Polo è divenuto l’importatore ufficiale degli spaghetti cinesi.
Pochissimi i punti in comune tra i due prodotti visto che la pasta cinese è fresca e lavorata con farina di grano tenero a differenza di quella italiana che è di farina di grano duro e secca.
In quasi una famiglia italiana su tre (32%) si prepara pasta semplice o ripiena fatta in casa con il matterello o grazie all’aiuto delle nuove tecnologie.
È quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè presentata in occasione della Giornata Mondiale della Pasta che il 25 ottobre ha celebrato il piatto simbolo del Made in Italy e della Dieta Mediterranea.
Si registra uno storico ritorno al passato rispetto alle prime fasi dell’industrializzazione e urbanizzazione del Paese quando la conquista della modernità passava anche dall’acquisto della pasta piuttosto che dalla sua realizzazione in casa.
Una tendenza confermata dal boom delle pubblicazioni dedicate, dalle chat su internet, dal successo delle trasmissioni televisive e dai corsi di cucina anche nei mercati e negli agriturismi di Campagna Amica.
Per gli italiani che dalle campagne e dai piccoli comuni affluivano nelle grandi città lasciare le tradizionali abitudini culinarie era una straordinaria e simbolica conquista del nuovo benessere mentre oggi, con la riscoperta della genuinità come valore, il fatto in casa torna a valere di più del prodotto acquistato.
Se in passato erano soprattutto i più anziani ad usare il matterello, memori spesso di un tempo familiare casalingo, adesso la passione si sta diffondendo anche tra i più giovani e tra persone completamente a digiuno delle tecniche di preparazione.
Si cercano con attenzione la farine, magari utilizzando quelle degli antichi grani storici italiani, e quando non è possibile fare da soli si cerca comunque nello scaffale il prodotto che richiama alla genuinità e alla tradizione.
A dimostrarlo vi è la decisa svolta nazionalista della pasta con la nascita e la rapida proliferazione di marchi che garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%.
Un successo dovuto all’entrata in vigore dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano impiegato ed entrato in vigore a febbraio dello scorso anno.
Una domanda in crescita a livello nazionale e mondiale dove le esportazioni di pasta dall’Italia sono aumentate del 7% raggiungendo il record storico con un valore di oltre 1,5 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2019.
Oggi viene dall’Italia 1 piatto di pasta su 4 consumati nel mondo.
Ogni italiano ne mangia 23 kg all’anno davanti a Tunisia con 16 kg, Venezuela con 12 kg e Grecia con 11,2 kg.
Bruno Galante
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