I soldi ci sono ma non vengono utilizzati e l’Italia va a pezzi
I soldi non ci sono mai. Ma, quando ci sono, non vengono spesi.
Nemmeno per fronteggiare il dissesto idrogeologico che nelle ultime settimane ha messo ko diverse zone d’Italia, ultima la Liguria, dove una frana si è portata dietro un pezzo di viadotto sull’autostrada A6 Torino-Savona.
Il caso specifico non c’entra, ma non si può fare a meno di notare che solo il 19% dei 100 milioni del Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018) sono stati effettivamente dati alle Regioni che li avrebbero dovuti spendere.
Questa situazione è stata descritta in modo dettagliato in una delibera della Corte dei conti nato per descrivere come questi soldi sono stati spesi.
Solo in Liguria ci sono 4 interventi previsti dal Piano stralcio delle aree metropolitane per mitigare il rischio, ma dei 275 milioni di euro previsti solo 41 sono effettivamente arrivati alla regione.
Con il fondo viene finanziato il Piano stralcio aree metropolitane istituito nel 2015.
Sono stati erogati 114.496.221 euro, ma ne mancano ancora 539.691.920.
L’indagine della Corte dei conti parla di “scarsa efficacia delle misure adottate”.
Secondo il report la colpa sarebbe di vari aspetti.
In particolare: l’inadeguatezza delle procedure e la debolezza delle strutture attuative; l’assenza di adeguati controlli e monitoraggi; la mancata interoperabilità informativa tra Stato e Regioni; la necessità di revisione dei progetti approvati e delle procedure di gara ancora non espletate; la frammentazione e disomogeneità delle fonti dei dati sul dissesto; e la difficoltà delle amministrazioni nazionali e locali di incardinare l’attività di tutela e prevenzione nelle funzioni ordinarie e il conseguente ricorso ripetuto alle gestioni commissariali.
Intanto arrivano nuove risorse contro il dissesto idrogeologico nel Paese. A darne l’annuncio è stato lo stesso ministro dell’Ambiente Sergio Costa che ha trasmesso alla presidenza del Consiglio il decreto per rendere immediatamente effettivo lo stanziamento di ulteriori 361 milioni di euro per 236 interventi sul territorio nazionale nati per contrastare il fenomeno del dissesto idrogeologico e rientranti nel “Piano operativo sul Dissesto idrogeologico per l’anno 2019”.
Serve fare qualche passo indietro. Nel 2014 il governo Renzi ha istituito Italia Sicura che, d’accordo con il ministero dell’Ambiente, ha poi elaborato il Piano nazionale di opere e interventi e il Piano finanziario per la riduzione del rischio idrogeologico, presentato ufficialmente a maggio 2017 dal governo Gentiloni.
Già la precedente programmazione 2000-2014, riguardava 1.781 richieste di intervento in tutta Italia, stanziando 9,5 miliardi di euro, ma circa 2.260 milioni riguardavano interventi che, seppur finanziati, non erano mai stati avviati, principalmente a causa di problemi di ordine tecnico-burocratico e ai ritardi nelle progettazioni.
A luglio 2015 il numero di richieste aveva già superato quota 7mila, per un valore di circa 22 miliardi.
Con l’intento di alleviare i ritardi nel 2016 è nato il fondo di cui parla la Corte dei conti per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, finanziato per 100 milioni di euro con la delibera Cipe 32/2015, quadro economico di riferimento per gli interventi relativi al dissesto.
C’era quindi anche quel Fondo nel piano presentato dal governo Gentiloni.
Quasi 10 miliardi di euro (9.986 milioni) ai tempi dello Sblocca Italia, contro un fabbisogno allora calcolato in 29 miliardi.
L’alluvione dell’Arno risale al 4 novembre 1966, dopo oltre 50 anni ancora si teme che il fiume possa creare i disastri di mezzo secolo fa.
Raimondo Adimaro
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