Assegnato il Premio Sakharov a Thoti e la Cina storce il naso
Il Parlamento Europeo ha consegnato il premio Sakharov per la libertà di pensiero alla figlia di Ilham Thoti.
L’economista uiguro (è un’etnia turcofona che vive nel nord-ovest della Cina nella regione autonoma dello Xinjiang) è attualmente in carcere per via della sua attività in difesa dei diritti della minoranza musulmana in Cina.
Il PE ha chiesto il suo rilascio immediato e la chiusura dei campi di detenzione in Cina.
“Auspichiamo in un miglioramento delle relazioni con questo paese attraverso la liberazione immediata di Ilham Thoti. Vorremmo che venisse acconsentito alla comunità internazionale di vedere cosa succede in quei campi di detenzione. Dicono che sono campi di rieducazione e che sono su base volontaria. Vorremmo vederlo”, afferma Michael Gahler, eurodeputato tedesco che ha sostenuto attivamente l’attribuzione del premio Sakharov a Ilham Tothi.
L’ambasciatore cinese presso l’UE Zhang Ming non ha perso tempo a rispondere alle accuse.
“Quello che sta succedendo al Parlamento europeo è una farsa. Penso che non sappiano cosa stanno dicendo perché le loro parole sono prive di fondamento. In Cina non abbiamo i cosiddetti campi educativi. Quello che facciamo è mantenere la sicurezza e la stabilità per la nostra società”.
Ma se da un lato le istituzioni europee invitano Pechino a rispettare i diritti umani, alcuni stati membri (come Italia, Portogallo, Grecia e Ungheria) sono pronti ad aprire le porte ad investimenti cinesi.
Janka Oertel, direttore del programma Asia presso lo European Council of Foreign relation spiega perché al momento l’UE non ha una posizione comune nei confronti della Cina.
“Gli Stati membri non vogliono assolutamente rinunciare al potenziale del mercato cinese, perché rappresenta l’opportunità commerciale più importante e in crescita per molte aziende coinvolte. Quello che potrebbe sembrare un approccio schizofrenico è invece una strategia chiara in un panorama geostrategico in evoluzione, dove le aziende europee e i governi europei devono ridefinire il loro ruolo nel mondo”.
La sfida per l’UE è quella di elaborare una nuova strategia comune nei confronti della Cina entro il prossimo vertice UE-Cina a settembre.
ll “Premio Sakharov per la libertà di pensiero” è assegnato ogni anno dal Parlamento Europeo. Istituito nel 1988, il premio intende riconoscere l’impegno di personalità o di gruppi di personalità che si sono distinti nella difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Ogni anno, intorno al 10 dicembre, il PE consegna il “Premio per la difesa dei diritti dell’uomo” nel corso di una seduta solenne a Strasburgo. La data corrisponde al giorno della firma della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite nel 1948.
Le nomine possono essere fatte da un gruppo politico del Parlamento europeo o da almeno 40 deputati. Le commissioni parlamentari degli affari esteri (AFET) e dello sviluppo (DEVE) votano per scegliere, tra le nomine, i tre finalisti. Poi, il vincitore viene scelto dalla Conferenza dei Presidenti.
Andrej Sacharov (1921-1989), fu pioniere nel campo della fisica nucleare dell’URSS e paladino dei diritti civili.
Conseguì il dottorato in matematica e fisica nel 1947 ed intraprese ricerche sull’astrofisica applicata e sulla fusione nucleare.
L’anno seguente partecipò al progetto e alla sperimentazione delle prime bombe a idrogeno di fabbricazione sovietica. Intuì l’asimmetria tra materia ed antimateria nella composizione dell’universo, quindi propose alcune correzioni alla Teoria della relatività di Albert Einstein.
Nonostante nel frattempo fosse diventato membro rinomato nell’Accademia delle Scienze, cominciò a mettere in dubbio la posizione del suo paese quando, nel periodo della Guerra Fredda, la minaccia di una guerra incombeva su tutto il mondo.
Nel 1970 contestò i primi esperimenti sul nucleare a scopo bellico e successivamente si mostrò critico nei confronti del regime repressivo sovietico.
Dopo la pubblicazione del saggio “Riflessioni sul progresso, la convivenza pacifica e la libertà intellettuale” prima in forma clandestina (edita in proprio), poi sulla stampa occidentale, Sacharov fu bandito da tutte le ricerche in ambito militare.
Nel 1970 divenne cofondatore della Commissione per i Diritti dell’uomo in Unione Sovietica e nel 1972 sposò Elena Bonner, anche lei attivista per i diritti umani.
Sacharov si impegnò concretamente per la liberazione dei dissidenti nel proprio paese, divenne uno dei critici più coraggiosi del regime ed il simbolo della lotta contro la negazione dei diritti fondamentali.
Nel 1975 vinse il Premio Nobel per la Pace ma non riuscì mai a ritirarlo. Era, nella parole del Comitato per il Nobel alla Pace “un portavoce della coscienza dell’umanità”.
Le intimidazioni non riuscirono a spezzare la sua resistenza.
Fu arrestato nel 1980 durante una manifestazione contro l’entrata delle truppe sovietiche in Afghanistan ed esiliato a Gorky dove l’unico contatto con il mondo esterno fu sua moglie.
6 anni dopo, riabilitato da Michail Gorbaciov, rientrò a Mosca e fu eletto deputato nel 1989. Morì pochi mesi dopo.
I difensori del Premio a lui intitolato, hanno spesso pagato caro il loro impegno per la difesa della dignità umana: molti sono stati picchiati, perseguitati, imprigionati, o esiliati.
Alcuni di loro non sono stati liberi di ritirare il premio di persona.
Anselmo Faidit
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