Se scoppia la bomba del debito globale, ma l’Italia regge
Mai il debito globale era stato così grande, e mai i paesi emergenti e in via di sviluppo si erano indebitati così rapidamente.
Il recente rapporto della Banca Mondiale intitolato “Le onde del debito mondiale” l’allarme su una situazione che per ora è stabile, ma che sulla base dei precedenti storici dovrebbe prima o poi sfociare in una crisi finanziaria che si abbatterà soprattutto sui paesi meno avanzati causando un crollo dei redditi e degli investimenti.
Sommando tutte le componenti del debito – pubblico, privato, imprese – alla fine dello scorso anno si è registrata la stratosferica cifra di 250 mila miliardi di dollari di esposizioni, pari al 240% di tutto il Pil mondiale.
Nota bene: l’Italia è allineata alla media mondiale, poiché alla fine del 2018 il suo debito totale rappresentava il 242% del suo Pil, risultante dalla somma di un debito pubblico pari al 132% del Pil e di un debito privato di famiglie e imprese pari al 110%.
L’indebitamento è più forte nei paesi avanzati (265% del Pil) che in quelli emergenti e in via di sviluppo (168%), ma in realtà desta più preoccupazione il secondo, perché si è accumulato e continua ad accumularsi più rapidamente e perché tali paesi, tranne la Cina, non dispongono di profondità finanziaria e di ammortizzatori per fare fronte a una crisi innescata da un rialzo dei tassi di interesse sui prestiti.
Col suo 320% di indebitamento complessivo rispetto al Pil, la Cina preoccupa meno di paesi come l’Etiopia o lo Zambia che nel giro di dieci anni hanno rispettivamente decuplicato e sestuplicato il proprio debito.
Negli otto anni fra il 2010 e il 2018 il debito delle economie emergenti è aumentato di 54 punti – cioè a una media di quasi 7 punti all’anno – per arrivare al 168% del loro Pil totale, l’equivalente di 55 mila miliardi di dollari.
Per farsi un’idea dell’intensità del fenomeno, si tenga presente che questo indebitamento è stato tre volte più veloce di quello che l’America latina sperimentò all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, e che provocò una delle più gravi crisi debitorie della storia.
In positivo invece va notato che a rendere nell’immediato meno pericolosa questa impennata del debito ci sono i bassissimi tassi d’interesse dell’ultimo decennio, che sono anche una delle cause per cui esso si è accumulato e continua ad accumularsi.
Altri connotati del fenomeno però creano allarme: il fatto che non riguardi più una singola regione del mondo come nei casi precedenti ma tutto l’insieme delle economie emergenti; il fatto che buona parte dei crediti sia stata erogata dalla Cina e fuori dagli standard del Club di Parigi (l’organismo informale che rinegozia i debiti contratti dalle economie emergenti presso i paesi industrialmente avanzati); e infine il fatto che a crescere sono sia il debito pubblico che quello privato.
A ciò si aggiunga una regolarità storica che lo studio della Banca mondiale mette in evidenza: in tutti e tre i precedenti episodi dello stesso tipo degli ultimi cinquant’anni, l’indebitamento accelerato di alcune economie di paesi in via di sviluppo è sfociato in una crisi di insolvenza che ha danneggiato seriamente debitori e creditori.
Per la precisione, il rapporto analizza 521 episodi nazionali di crescita accelerata del debito negli ultimi cinquant’anni, e rileva che nella metà dei casi questi sono stati accompagnati da crisi finanziarie che hanno falcidiato i redditi e gli investimenti.
Quando dovesse esserci una ripresa dei tassi di crescita dell’economia dell’eurozona e della relativa inflazione, i paesi oggi indebitati si troverebbero strozzati dai tassi di interesse crescenti, con rischi di default e di conseguenze politico-economiche come quelle registrate in passato.
Nell’ultimo decennio è cambiata la struttura del debito globale: l’indebitamento delle imprese ha superato quello degli Stati, oggi il primo rappresenta il 91,4% del Pil mondiale e il secondo l’87,2% (il rimanente riguarda i privati).
L’indebitamento delle famiglie si è sensibilmente ridotto negli Stati Uniti, dove è diminuito di 25 punti in dodici anni, ma resta tuttavia superiore al 100 per cento del Pil (101,2% nel primo trimestre del Pil).
Una buona notizia, quando si ricorda che l’ultima crisi finanziaria planetaria è stata innescata dalla crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e che nei paesi altamente industrializzati normalmente le crisi finanziarie per mancato rimborso del debito scoppiano proprio nell’ambito del debito privato.
A questo proposito va notato che fra le economie avanzate l’Italia è il paese più virtuoso in materia di debito delle famiglie: alla fine del primo trimestre del 2019, da noi equivale solo al 41% del Pil nazionale, contro il 53% della Germania, il 58,3 della Spagna e del Giappone, il 60 della Francia e l’86,5 del Regno Unito.
Riccardo Dinoves
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