Di Caprio, Macron e i gretini zitti sugli incendi in Australia
Le lobby mancine che nelle settimane scorse si erano scagliate contro il Brasile, meglio sarebbe precisare che si erano avventate contro il suo presidente Jair Bolsonaro, per via di incendi sviluppatisi in Amazzonia, in questi giorni hanno fatto incetta di camomilla e si sono appisolati.
La foresta amazzonica, un’estensione di 6,7 milioni di km quadrati, abbraccia anche Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela e Guyana francese.
Per gli accusatori di sinistra, però, l’unico responsabile è il cattolico Bolsonaro.
Lo accusavano la nuova stellina Greta Thunberg ed i suoi seguaci gretini, lo accusava Macron e lo accusava l’attore miliardario Leonardo Di Caprio.
Da settembre l’Australia è in fiamme, particolarmente colpiti gli stati del Victoria e del New South Wales.
Dall’inizio del disastro ambientale vi sono state 24 vittime, migliaia di sfollati e migliaia di abitazioni andate in fumo, e sono stati distrutti oltre 6 milioni di ettari di boschi.
Tutti coloro che alzavano l’indice accusatorio nei confronti di Bolsonaro non hanno profferito verbo ora che l’Australia brucia.
Il presidente brasiliano ha invitato il collega francese ad assumere posizioni identiche a quelle che aveva assunto nei suoi confronti anche con la leadership australiana.
Nel corso della trasmissione televisiva in diretta di Capodanno 2020 il primo cittadino sudamericano aveva chiesto: “Signor Macron, che cosa hai intenzione di dire in Australia? E Greta? Quella ragazzina non ha nulla da obiettare? Ora che ci sono incendi devastanti in Australia il signor Macron ha dichiarato qualcosa, ha messo in dubbio la sovranità australiana?”
Nel corso di un’intervista all’emittente pubblica France 2 Macron aveva accusato Bolsonaro di “sostenere progetti economici disastrosi per la foresta amazzonica” avvertendolo di non consentirgli di “distruggere tutto”.
“Rispettiamo la sua sovranità, ma sulla questione dell’Amazzonia non possiamo consentirgli di distruggere tutto”.
Non pago della ramanzina gallica si era avventurato a minacciarlo economicamente non ratificando l’accordo commerciale tra l’Unione Europea ed il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) in quanto plenipotenziario del vecchio continente.
Aveva poi proseguito imperterrito affermando che sarebbe stato necessario discutere sulla possibilità di conferire all’Amazzonia uno “status internazionale” per impedire la sua distruzione ed impedire che un capo dello Stato di un paese amazzonico possa adottare misure contrarie al benessere mondiale.
Bolsonaro aveva prontamente replicato invitando il presidente francese a ritrattare questa serie di interventi che potevano essere interpretati come una minaccia concreta alla sovranità del Brasile.
Nel messaggio televisivo Bolsonaro ha voluto rimarcare che “l’Amazzonia non ha preso fuoco, si è trattato di una colossale bugia e che il Brasile è il Paese che più si prende cura dell’ambiente e che nessuno sul pianeta ha una percentuale così estesa di territorio preservato”.
Emmanuele Macron è rimasto in silenzio ad ascoltare ed insieme a lui le lobby ambientali di comodo che oggi sono guidate da Greta e dal suo staff di gretini.
Salvarico Malleone
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