Repubblica ha programmato di “cancellare” Matteo Salvini?
Treccani ci ricorda che “cancellare” in senso figurato significa anche “uccidere, annientare”. Il titolone a tutta pagina di Repubblica del 15 gennaio quantomeno fa scorrere i brividi lungo la colonna vertebrale. Non può passare inosservata una frase simile e rimane nella memoria.
In un periodo in cui gli scontri frontali sono all’ordine del giorno e si abbisogna di tranquillità e riflessione per uscire dalle sabbie mobili economiche nelle quali il nostro Paese staziona da oltre un decennio, i signori in giacca cachemire e cravatta griffata alimentano odio e sparpagliano di continuo benzina sul fuoco.
Quando fa comodo politicamente, vedi la storiella del giro in moto d’acqua del figlio di Salvini col poliziotto, la notizia è stazionata sui quotidiani sinistri per settimane, quelle volte in cui, invece, crea disturbo viene immediatamente archiviata e in poche ore scompare dal web.
“Cancellare Salvini” è una roba incendiaria nella mente di quanti leggermente squilibrati sono alla ricerca di una motivazione per lanciare una molotov.
Il direttore, Carlo Verdelli a distanza di pochissimo, ha voluto minimizzare definendolo una sintesi giornalistica.
Tuttavia, quel titolo è un pugno nello stomaco dei lettori e di tutte quelle persone di buonsenso che non amano gli estremismi e detestano giocare con i doppi sensi e con i vocaboli borderline.
Due giorni fa il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ha ospitato, in apertura, un’intervista al piddino Graziano del Rio che criticava i decreti sicurezza dell’ex ministro dell’Interno.
Le parole del capogruppo del Partito Democratico alla Camera erano molto pacate e contenevano l’auspicio, legittimo nell’ambito della normale dialettica democratica maggioranza-opposizione, del superamento dei decreti sicurezza che portano il timbro del “capitano”, e in particolare di quelle parti che riguardano l’immigrazione.
Repubblica si è sempre iscritto al cosiddetto “esercito del bene”, quello schieramento che dice di voler combattere ogni forma di istigazione all’odio. Nella fattispecie sembra proprio il contrario.
Una sinistra rispettosa dei valori della Costituzione, tanto sbandierati ai quattro venti a ogni piè sospinto, dovrebbe avere l’ambizione di sconfiggere l’avversario (non il nemico) Salvini con le urne.
Sconfiggerlo, ridimensionarlo non di certo cancellarlo o eliminarlo.
Il direttore editoriale di Libero, Vittorio Feltri, in un tweet si è chiesto: “Cancellare Salvini con la gomma o col mitra? Perché l’Ordine non cancella Repubblica?”.
Pietro Senaldi, che di Libero ne è il direttore responsabile, ha precisato: “Se Libero avesse titolato “Cancellare la Segre” un articolo che auspicava l’abolizione della Commissione parlamentare contro l’odio, politicamente legittima, probabilmente ci saremmo trovati il giorno stesso la polizia in redazione e un’incriminazione per razzismo. Senza considerare il carnevale che avrebbero inscenato i parlamentari del Pd, di Leu e di M5S, che invece quando si tratta di difendere Salvini tacciono vigliaccamente e con una gran dose di malafede”.
Il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, ha rammentato le pagine di “Lotta Continua” e della intellighenzia comunista che scaricavano vagoni di odio sul conto del commissario Luigi Calabresi negli anni di piombo. Odio che sfociò il 17 maggio 1972 nell’omicidio del responsabile della squadra politica della Questura di Milano.
Ha quindi chiosato: “Il termine “cancellare” è un verbo che non ammette repliche o mediazioni, evoca una soluzione finale. E usarla in politica contro un rivale da un giornale che si nasconde dietro la senatrice Segre o il movimento delle sardine, tradisce l’atteggiamento da radical chic”.
Il 26 luglio 2018 Famiglia Cristiana in copertina titolava “Vade retro Salvini”, mettendo sullo stesso piano Salvini e satana.
I cattocomunisti sono convinti di essere ambasciatori di pace con il ramo d’ulivo tra le mani, ma raffigurare Salvini, o chiunque altro, a testa in giù oppure augurargli ogni male terreno possibile è un gesto di pace? A quanti non sono sinistri sembra più un messaggio listato a nero e inzuppato di odio.
Il prossimo titolo choc a tutta pagina di Repubblica quando lo leggeremo?
Riccardo Dinoves
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