Da Pitti Bimbo 90 segnali di ristagno del mercato interno
Le varie manifestazioni fieristiche settoriali sono lo specchio della realtà.
L’economia italiana è ancora immersa nelle nebbie che non le consentono di pedalare con lo stesso ritmo delle altre economie occidentali.
Da oltre un decennio la produzione arranca, ma è soprattutto il mercato interno a non uscire dalle sabbie mobili.
Già con i dati di Pitti Uomo 97 si era riscontrata una flessione penalizzante e la conferma è pervenuta da Pitti Bimbo 90 che ha chiuso i cancelli sabato 18.
A Firenze nella Fortezza da Basso si erano dati appuntamento oltre 549 espositori fiduciosi e speranzosi di incrementare le previsioni annuali.
I dati diffusi da Pitti Immagine parlano di 5.900 presenze di buyer, con una leggera fisiologica presenza rispetto all’edizione invernale dello scorso anno dovuta principalmente ai compratori italiani.
Oltre 2.300 i buyer esteri provenienti da 80 Paesi tra i quali spiccano i numeri della Russia (che torna a essere il primo mercato di riferimento del salone) e dalla Francia.
Note positive anche quelle provenienti dagli Stati Uniti, dalla Cina e dagli Emirati Arabi.
Complessivamente ci si attende che i visitatori dovrebbero ancora una volta raggiungere le 10.000 presenze globali.
L’abbigliamento baby senza dubbio alcuno sta attraversando una fase di rinnovamento dovuta anche alla criticità di talune aree del globo.
La classifica dei primi 15 mercati di Pitti Bimbo vede tornare in testa la Russia, seguita da Spagna, Regno Unito, Germania, Turchia, Ucraina, Francia, Cina, Olanda, Belgio, Grecia, Stati Uniti, Corea, Polonia e Giappone.
Claudia Treves
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