Il Pil italiano è rimasto ancorato al 2000
Il Pil reale pro capite nazionale è allo stesso livello del 2000.
Addirittura peggio: è nettamente inferiore al picco precedente la crisi.
La fotografia scattata dall’Osce mostra un Paese immobile che nonostante l’aumento del tasso di occupazione sia aumentato non riesce a fare aumentare la produttività rimasta debole o, ancora peggio, negativa per oltre 25 anni.
Il confronto gli altri Paesi membri dell’organizzazione internazionale è disarmante.
Perfino la disastrata Grecia, passata sotto le grinfie della Troika è riuscita a fare meglio della Penisola.
Certo, ad alzare la media Ocse (+30%) ci sono le performance dei Paesi dell’est Europa che sono cresciuti a un ritmo impressionante (dal +100% dell’Estonia al +155% della Lituania), ma non serve andare lontano per vedere che anche i nostri vicini di casa – con gli stessi problemi strutturali – sono riusciti a uscire dalle secche della recessione.
Il Pil pro capite della Francia è salito del 15%, quello della Germania del 25%: per l’Ocse i problemi italiani sono molteplici.
Da un lato la penuria di opportunità professionali spinge i giovani a emigrare, aggravando il processo di già rapido invecchiamento della popolazione; dall’altro, le variazioni regionali del Pil pro capite e del tasso di occupazione, già significative, si sono ampliate ulteriormente negli ultimi decenni.
“Le disparità regionali dei tassi di occupazione – scrive l’Ocse – spiegano in larga misura la differenza del tenore di vita tra una regione e l’altra e la frammentazione amministrativa e l’autorità limitata degli organismi metropolitani costituiscono un ostacolo all’integrazione delle politiche di gestione del suolo e dei trasporti, ostacolando la definizione di politiche di crescita verde”.
Insomma, la strada verso la ripresa resta tutta in salita, mentre il divario da recuperare con il resto del mondo si allarga ulteriormente.
Guglielmo d’Agulto
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