Anche con il coronavirus si diventa fascioleghisti
In mancanza di argomenti validi e di soluzioni ai problemi l’unico antidoto è il razzismo, il fascismo ed ora anche il fascioleghismo.
Il buonismo torna sempre a galla anche con argomenti di una determinata importanza ma soprattutto con argomenti che i politici non conoscono ma pur di mettersi in mostra e predicare sciocchezze lanciano proclami.
Chissà se adesso tutti quelli che come il sindaco di Firenze, Dario Nardella, lanciavano sui social network l’hashtag #abbracciauncinese, torneranno a farci la morale sul razzismo da cavernicoli.
Chissà se oggi tutti quelli che hanno applaudito il presidente Mattarella per il suo beau geste nella scuola con bambini orientali, torneranno a farci il fervorino sugli italiani cafoni e psicotici.
Ma il problema non è mai stato il razzismo verso i cinesi, ma cosa dalla Cina poteva arrivare.
Ovvio, il richiamo a non criminalizzarli è sacrosanto.
C’è uno strano riflesso nel modo di affrontare le emergenze in Italia come la infantile diatriba tra la Regione Toscana ed il virologo Roberto Burioni ha ben mostrato.
Il medico ha infatti sempre invitato alla prudenza, a non sottovalutare le possibilità di contagio, a mettere in quarantena chi arrivasse in Italia da zone colpite dal Covid-19.
Cosa che non ha fatto la Regione guidata dal presidente piddino Enrico Rossi che non ha voluto prendere provvedimenti con le 2.500 persone giunte dalla Cina.
Ne è seguito uno scambio di battute concluso dal governatore toscano con gli attacchi al virologo di essere o «in malafede» o «un fascioleghista».
Battute degne di un macario di provincia.
Ma Burioni mica chiedeva di gettare la gente in gattabuia e di buttare la chiave, ma solo che si facesse in modo che rimanesse in casa un paio di settimane.
È strana questa cosa per cui si scambia la prudenza per razzismo.
Come se la priorità numero uno fosse quella di dimostrare di essere open minded, come le sardine che fanno la passeggiata in via Paolo Sarpi a Milano o la street artist Laika che celebra sui muri romani la superiorità intellettuale di chi non si fa «contagiare dall’epidemia dell’ignoranza».
Tutto bello, tutto giusto, ma che c’entra con la realtà di un virus di cui si sa poco e di un regime, la Cina, di cui non ci si può fidare perché non sa (opzione benevola), non può (opzione mediana)o non vuole (opzione malevola) dare informazioni credibili sul fenomeno?
In ogni caso, come ripetono ormai da settimane praticamente tutti i virologi, da Ilaria Capua a Carlo Federico Perno.
Occorre essere molto accorti (che vuole dire realisti, non allarmisti); eppure la prima reazione di certa stampa e certi settori della nostra società sembra essere quella di non voler apparire “razzisti”.
Ma che c’entra?
Come ha detto ancora Burioni non è questione di destra o sinistra, ma solo di prendere tutte le precauzioni adatte.
Quindi: no panico, no razzismo, ma nemmeno antirazzismo facile.
«La quarantena non è discriminazione o razzismo, ma l’unica difesa contro questo virus».
la Redazione
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