I danni del coronavirus e i nuovi scenari che troveremo
È ancora presto per stabilire se l’attuale espansione del Coronavirus si possa trasformare in una pandemia globale. È però ormai assodato che sta avendo un impatto sulla vita quotidiana di tanti: eventi cancellati in tutto il mondo e, anche da noi, per via della diffusione della patologia in alcune regioni italiane, scuole e uffici chiusi.
Il principale focolaio d’infezione continua a rimanere però l’Asia orientale, principalmente la Cina, ma anche Seul ha ormai quasi toccato il migliaio di contagiati.
Il Coronavirus sta colpendo anche l’Iran, dove ha avuto un impatto sulle recenti elezioni e sta provocando il blocco delle frontiere da parte dei Paesi confinanti; sono stati segnalati casi anche in Afghanistan e in alcuni dei Paesi arabi del Golfo.
La preoccupazione, ora, è che il virus possa raggiungere territori in cui il sistema sanitario è poco strutturato, causando un numero di vittime e di contagi molto superiore rispetto a quello attuale.
Un altro elemento che, in questo momento, sta tenendo in apprensione media, aziende e semplici cittadini è l’impatto che il Coronavirus potrebbe avere sull’economia.
Oxford Economics ha stimato che a causa del morbo le previsioni di crescita annuale per l’economia cinese scendono da +6% a +5,4%.
Un numero che da un punto di vista percentuale appare piccolo, ma che concretamente equivale a migliaia di miliardi di dollari andati in fumo.
Le conseguenze dal punto di vista politico sono a loro volta facilmente intuibili, considerato che la Cina da diversi anni sta affrontando problemi interni legati al rallentamento della propria crescita.
Uno specifico fattore di rischio è legato alle conseguenze che il Coronavirus potrebbe avere nei settori economici ad alta tecnologia.
La Cina, infatti, è da tempo uno dei motori dello sviluppo tecnologico mondiale. Sebbene oggi molte produzioni siano state spostate in altri Paesi con un minor costo della manodopera, molti componenti e device continuano ad essere prodotti nel grande Paese asiatico.
Sia Foxconn che Pegatron, due tra le principali aziende cinesi di produzione di componenti per le più importanti aziende di tecnologia mondiale, hanno comunicato che per il momento non intendono cambiare i piani di produzione: una loro eventuale defezione, anche temporanea, causerebbe un enorme impatto nella produzione e reperibilità sui mercati, anche in Occidente, degli oggetti tecnologici di maggior uso.
D’altra parte, la Cina ormai da tempo può vantare di avere al suo interno grandi hub per lo sviluppo di nuove tecnologie.
A completare il quadro, occorre naturalmente considerare che il Paese ospita quello che oggi è probabilmente uno dei mercati di consumo più importanti del mondo.
Molti settori, a partire da quello del gaming fino al mobile e all’e-commerce, sono legati in maniera vitale ai consumatori cinesi.
Apple ha già annunciato che non riuscirà a rispettare gli obiettivi di vendita che si era ripromessa a causa dell’impatto causato dal Coronavirus sia a livello di produzione e forniture, sia a livello di aspettative di vendita.
Tuttavia, i timori non sono legati alla sola Cina, anche Corea del Sud e Giappone, altri due Paesi chiave nell’innovazione tecnologica globale, si trovano direttamente coinvolti.
Il 25 febbraio l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha riscontrato una perdita del 3,3%.
In Corea del Sud, invece, da qualche giorno è ferma la produzione di nuovi componenti per i dispositivi della Samsung, tra le principali compagnie tecnologiche del Paese.
Se lo stato di allerta nei Paesi principalmente coinvolti dal Coronavirus continuasse a lungo, gli effetti potrebbero essere ancor più seri per i settori economici tecnologici a livello globale. In un’economia globale interconnessa avere pressoché l’intera Asia orientale paralizzata significa proseguire in maniera claudicante, soprattutto in un settore dove la regione ha ormai da tempo un ruolo preponderante.
Esiste tuttavia un’altra faccia della medaglia, nella quale molti vedono il diffondersi del Coronavirus come una grande occasione per alcuni settori tecnologici.
Una “disruption” che potrebbe rivoluzionare il rapporto che lega gli individui alla tecnologia. In un momento in cui milioni di persone si trovano a dover sottostare a qualche forma di limitazione della mobilità, molte azioni quotidiane stanno in qualche modo trovando una nuova funzionalità grazie all’uso di tecnologie da remoto, intelligenza artificiale e IoT.
In Cina stanno prendendo piede forme di consegna di merci acquistate on-line che non prevedono alcun contatto con altri esseri umani grazie all’utilizzo di robot per le consegne.
Le limitazioni poste alla mobilità delle persone, anche qui in Italia, stanno portando a un’accelerazione nell’utilizzo del lavoro da remoto e, in generale, di lavoro smart e agile per tutti coloro che operano nei servizi. Bloomberg ha definito la crisi legata al Coronavirus come l’occasione per il più grande esperimento di smart working su scala globale.
Intelligenza artificiale e utilizzo dei big data stanno fornendo soluzioni per monitorare sia la diffusione del Coronavirus sia le reazioni sociali ad esso correlate, fornendo indicazioni utili per poter mettere a punto misure efficaci per prevenire il panico.
Attraverso il riconoscimento da parte di una videocamera di diversi parametri legati al volto, un’applicazione sviluppata da un’azienda di Shanghai è in grado di monitorare le reazioni di fronte a un video legato al Coronavirus e, qualora si riscontri un alto livello di panico, fornire suggerimenti.
Diversi analisti hanno finora potuto solo immaginare la reazione della società globale del XXI secolo a una pandemia globale. La preoccupazione principale è che in un periodo in cui ampie zone del mondo godono di alti livelli di salute, non si abbiano gli strumenti e le politiche adatte per reagire a un potenziale fattore di crisi che, in un’ottica storica, resta una costante per l’umanità.
Il Coronavirus, al netto dei suoi attuali tragici numeri, può quindi essere considerato come un “test” per valutare, tra l’altro, anche i risvolti del rapporto con le nuove tecnologie, il suo potenziale e, per alcuni aspetti, la sua fragilità.
Da un lato, oggi il nostro livello di innovazione ci consente di mettere in campo soluzioni rapide, capaci di adattarsi alle nostre esigenze a un livello tale da avere quasi la percezione che grazie alla tecnologia non esista crisi che non si possa affrontare.
Questo fa emergere ancora di più quanto la nostra vita sia sempre più dettata dalla presenza di tali tecnologie. Il che lascia sottesi tutti i rischi e le conseguenti insicurezze legati alla temporanea impossibilità di produrne a pieno ritmo.
Niccolò Rejetti
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