Il Gruppo Celli non teme per nulla la Brexit, anzi rilancia
Il Gruppo Celli è la società italiana che da 40 anni costruisce spine per la birra per i principali marchi del mondo – Heineken, Carlsberg, Molson Coors, Asahi, per ricordarne alcuni -, nonché per colossi dei soft drink come Coca-Cola e Pepsi e che, più recentemente, si è buttata nel mondo degli impianti di microfiltraggio dell’acqua, l’alternativa green dell’acqua minerale in bottiglie di plastica.
Una storia particolare quella di Celli, una delle poche società che dell’addio degli inglesi all’Ue non sembra preoccuparsi.
Incurante del pericolo ha pure rilanciato, acquistando pochi mesi fa la MF Refrigeration, il principale produttore di impianti di refrigerazione per birra alla spina nel mercato britannico, la quarta acquisizione di Celli nei territori di sua Maestà Elisabetta.
Mauro Gallavotti è il ceo del Gruppo Celli e non teme contraccolpi.
“La Brexit non ci spaventa: l’80% della produzione dei nostri tre impianti produttivi in Uk è destinato al mercato interno. Gli inglesi bevono birra e berranno sempre birra, e ci fa piacere che sia la nostra!”.
Non lo ferma la Brexit e la concorrenza.
“Ci mancava la refrigerazione, avevamo già aziende che facevano la parte alta delle spillature. Con l’ultima acquisizione abbiamo chiuso il cerchio. Ora il Regno Unito per noi vale 40 milioni sui 130 del nostro fatturato, visto che è la nazione dove si beve più draft (birra alla spina, ndr) al mondo, il 50%, rispetto al consumo di birre in bottiglia, mentre in Italia siamo al 10% e al 30% in Germania. L’Uk è il Paese più importante, ma non quello che cresce di più, visto che aumentiamo molto nei paesi in via sviluppo, a Singapore, in Africa e adesso stiamo entrando anche negli Usa, sebbene sia un mercato difficile”.
Un bel primato per questa società nata nel 1974 a San Giovanni in Marignano (Rimini) grazie all’intuizione di Goffredo Celli, il primo a fornire ai tedeschi in Romagna per le vacanze estive l’allora introvabile birra alla spina.
Da allora l’azienda non ha fatto altro che crescere, investendo continuamente in ricerca e sviluppo: dal singolo impianto per le spine del 1974, ai servizi per gestire le bevande che passano dalle piattaforme cloud di oggi, una svolta che ha attirato l’interesse delle grandi società di digital.
E così, questa eccellenza italiana, grazie a birre, soft drink, acqua (il settore che cresce di più) e servizi è passata da 100 a 600 dipendenti e ai 130 milioni di fatturato odierni.
Un impero basato sul modello del grande gruppo beverage che dà in comodato gratuito gli impianti e guadagna sui servizi correlati.
Insomma, un’esperienza di successo che non è sfuggita ai grandi investitori, come Consilium Private Equity Fund, che nel 2013 ne ha acquistato il 70%, e della società privata di investimenti, Ardian, che nel 2019 ne ha rilevato il 100%, per una cifra – si dice, ma senza conferme – vicina ai 200 milioni di euro.
Guglielmo d’Agulto
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