Per fronteggiare la crisi urge investire in infrastrutture
Tra il reddito, la pensione di cittadinanza e “quota 100”, nel 2020 è prevista una spesa di 12,3 miliardi, il 64% in più della misura economica anticrisi annunciata nei giorni scorsi dal Governo che sarà pari a 7,5 miliardi.
Per dare un sussidio anche a chi è poco interessato a trovarsi un lavoro o vuole andare in pensione in anticipo, il Governo ha previsto per l’anno in corso una spesa di 12,3 miliardi di euro.
Per affrontare una crisi economica che, invece, rischia di far scivolare il Paese in una recessione pesantissima, promette 7,5 miliardi.
Insomma, per l’assistenza non badiamo a spese, ma per fronteggiare una crisi che si annuncia essere tra le più drammatiche degli ultimi 75 anni erogheremo una misura che, sebbene sia raddoppiata nel giro di pochi giorni, rimane ancora insufficiente.
Dalla CGIA fanno sapere che l’annuncio dato l’altro ieri dal Governo di portare fino a 7,5 miliardi il decreto per contrastare gli effetti negativi del coronavirus va salutato positivamente, anche se gli interventi che verranno messi in campo sono rivolti solo a contenere la crisi, mentre nulla è stato previsto per “aggredire” la recessione economica ormai alle porte.
Se da un lato il mondo produttivo chiede a gran voce una importante manovra espansiva in grado di rilanciare i consumi e la domanda interna, dall’altro il Governo affronta la crisi solo con misure di contenimento che sono certamente importanti, anche se bisognerebbe integrarle con un importante piano di investimenti a medio-lungo termine.
Per questo l’Esecutivo deve sbloccare le grandi opere pubbliche già finanziate o fermate dall’eccessiva burocrazia, mutuando il successo che sta avendo il metodo Genova.
Senza dimenticare che è necessario che la nostra Pubblica Amministrazione torni a pagare i debiti commerciali maturati con i propri fornitori.
Dalla CGIA, inoltre, segnalano che per l’anno in corso le politiche attive del mercato del lavoro costeranno 17 miliardi di euro. Risorse che in gran parte sono gestite dalle Regioni.
Vista la situazione che si profila da qui a breve, gli artigiani mestrini ritengono che sarebbe forse opportuno dirottare una parte di queste risorse verso interventi che sono in grado di creare nuovi posti di lavoro – attraverso la cantierizzazione delle opere pubbliche – anziché sostenere iniziative volte a trovare un’occupazione a chi non ce l’ha, che con la crisi in arrivo difficilmente riuscirà a trovare un lavoro.
La necessità di tornare ad investire massicciamente nelle infrastrutture è una priorità riconosciuta da tutti.
Secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), ad esempio, il deficit di competitività del nostro sistema logistico-infrastrutturale ci costa 40 miliardi di euro all’anno.
A detta della SACE (gruppo Cassa Depositi e Prestiti), questo gap con gli altri competitori europei ci fa perdere 70 miliardi di euro di export ogni anno.
Importi, ovviamente, che non si possono sommare, ma che danno la dimensione dell’arretratezza delle grandi reti di trasporto e di logistica presenti nel nostro Paese.
Oltre alla realizzazione delle grandi infrastrutture materiali e immateriali abbiamo bisogno di eseguire anche moltissimi interventi “minori” che sono però indispensabili per la messa in sicurezza di tante aree del Paese.
Si ricorda, infatti, che ’88% dei quasi 8 mila Comuni italiani ha almeno un’area classificata a elevato rischio idrogeologico.
Il 40% circa delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica è ubicato in zone ad elevato rischio sismico.
Su 6.000 opere monitorate dalle Province (gallerie, ponti, viadotti, etc.) quasi 2.000 necessitano di interventi urgenti.
Il 38% circa dell’acqua trasportata dal sistema idrico pubblico si perde per strada a causa di un elevato livello di deterioramento della rete.
Niccolò Rejetti
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