Troppo ottimismo e previsioni superficiali per i contagi
La strada della leggerezza e della superficialità da parte dei politici non viene mai abbandonata per non correre il rischio dell’impopolarità e della perdita di voti elettorali.
Non appena sono comparsi i dati di rallentamento del Covid-19 immediatamente dal ministero della Salute si sono affrettati ad autorizzare le uscite dei bambini, i quali facilmente fanno comunella e non si può impedire ad un bambino di fermarsi a chiacchierare e giocare con un suo coetaneo, e ai milioni di sportivi italiani che improvvisamente hanno scoperto il jogging.
Settimane e settimane di inerzia tra gennaio e febbraio, solo quando si sono resi conto della gravità i politici si sono attivati ed hanno adottato misure adeguate, bisogna attendere il decreto del 9 marzo per capire che i governanti si erano resi conto del flagello che si era abbattuto sul Paese.
Secca e arcigna la risposta delle regioni Campania e Lombardia che hanno rigettato le decisioni ministeriali.
A gettare altra acqua sul fuoco dell’eccessivo entusiasmo e ottimismo anche addetti ai lavori.
“Contagio zero entro i primi di maggio? Mi sembra troppo ottimistico”.
Lo afferma ai microfoni dei “Lunatici” su Rai Radio 2 Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.
“Questa ipotesi – spiega – è il risultato di un modello che per quanto possa essere serio non so se tiene conto del fatto che il virus potrebbe continuare a circolare nei nostri paesi con focolai epidemici che scoppierebbero di volta in volta. Sarebbe bello arrivare a casi zero, ma non credo che questo sia uno scenario plausibile”.
Sul motivo della letalità maggiore del Coronavirus in Italia e in Lombardia rispetto ad altre zone, l’infettivologo esclude il fattore inquinamento atmosferico.
“La verità – osserva – è che noi abbiamo una popolazione molto anziana con tante patologie di base, per cui purtroppo va più facilmente incontro ad un esito in fausto. Poi certamente gli ospedali sono sotto stress, soprattutto in Lombardia, ed è naturale che non tutti possono andare in ospedale in tempi rapidi e questo può comportare un ulteriore aumento del tasso di letalità. Ma la Lombardia ha un sistema ospedaliero molto forte, e gli operatori sanitari hanno fatto un grande sforzo per assicurare al maggior numero di persone la migliore assistenza”.
Non solo. Ci sono studi secondo i quali ci sarebbero dieci milioni di persone immuni in Italia.
“Questa è una cosa che nessuno sa – afferma Giovanni Rezza. Addirittura uno studio dell’Imperial College – sottolinea Rezza – che io pensavo fossero dei matematici piuttosto seri, stimano circa dieci milioni di persone immuni in Italia. Non so come escano fuori questi numeri. Anche i modelli possono sbagliare. Pensare che il dieci percento della popolazione italiana si sia già infettata è veramente improbabile. Io dico magari. Vorrebbe dire che moltissima gente si è infettata senza saperlo – conclude l’esperto – e quindi per il virus la vita diventerebbe più dura. Io non credo però che le cose stiano così e solo gli studi di sieroprevalenza ben fatti potrebbero dirci la verità”.
Meglio continuare a restare chiusi in casa.
Arnaud Daniels
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