Italia in crisi continua, ieri il Coronavirus oggi l’economia
L’Inps non paga la cassa integrazione ma il Governo rassicura tutti da settimane che i soldi ci sono e arriveranno.
Sorgono come funghi varie associazioni che riempiranno le già affollate aule giudiziarie di ricorsi e denunce contro il Governo per i provvedimenti adottati dal 30 gennaio in qua.
Nel tentativo di far riprendere la traballante economia nazionale alcuni governatori hanno adottato provvedimenti per far ripartire l’economia regionale ma prontamente da Roma sono stati presentati ricorsi al Tar.
Ed in queste ore il Tar calabrese ha annullato l’ordinanza che permetteva il servizio ai tavoli per bar e ristoranti qualora si trovassero all’aperto.
Immediato il commento della governatrice Santelli: “Per il governo è una vittoria di Pirro”.
Altre dichiarazioni che hanno scatenato un polverone quelle di Luca Zaia, governatore della Regione Veneto: “Leggo da qualche parte che qualcuno parla di mettere un tavolo ogni quattro metri: se lo metta a casa sua un tavolo ogni quattro metri. Ma non nei ristoranti perché questo significa chiuderli tutti”.
Poi ha aggiunto “un conto è l’esercizio scientifico un discorso è la vita reale che è un’altra cosa. Se dovessimo mettere in sicurezza la vita dei cittadini dovremo dire a tutti ‘girate con lo scafandro’. Ma non solo per il coronavirus, per qualsiasi altro pericolo come quello di un’epatite, di una tubercolosi. Ma non penso ci sia questa indicazione nella società”.
Il governatore auspica che non “ci sia qualcuno voglioso di applica la sua vena creativa per complicare la vita ai cittadini. La messa in sicurezza è una cosa seria ma deve passare anche un livello di sostenibilità”.
Zaia ha quindi puntualizzato un altro aspetto “Spero che il Governa si decida a dire qualcosa per il 18 maggio, è fondamentale che i cittadini lo sappiano: i parrucchieri, i ristoranti eccetera non possono venire a conoscenza il 17 sera che riaprono l’indomani. Perché non funziona così”.
Altro grido di dolore da Ponte Vecchio a Firenze dove è stato affisso un manifesto che lascia poco spazio al politichese “Ponte Vecchio e le sue botteghe, da sempre simbolo del suo patrimonio fiorentino in Italia e nel mondo resterà chiuso per assenza di risposte concrete alle esigenze del settore culturale, artistico, turistico. Le nostre botteghe sono nella storia. Noi imprenditori partiremo solo con progetti condivisi e sostenibili”.
Qualora non si adottino provvedimenti urgenti le gioiellerie simbolo del ponte più famoso del mondo che, quasi tutte, rimarranno chiuse il 18 maggio.
Gli organizzatori sono convinti che il turismo in città riprenderà solo nella primavera 2021 e senza un piano concreto di aiuti non saranno in grado di aprire.
Molte delle botteghe di Ponte Vecchio hanno una superficie inferiore a 40 metri quadri per cui all’interno potrebbe starci una sola persona, altra confusione regna nella sanificazione dei preziosi che necessitano di un trattamento diverso agli altri oggetti.
Stesso discorso per gli alberghi delle città d’arte che sono stati chiusi sino ad oggi, hotel che lavorano principalmente con gli stranieri i quali prima di settembre non si vedranno e inoltre devono fare i conti con una sanificazione difficile e costosa.
Anche per gli albergatori le previsioni degli esperti avvisano una eventuale ripresa potrà registrarsi a partire dalla primavera 2021.
Senza aiuti cospicui molti alberghi non ce la faranno a riaprire.
Per salvare il settore alberghiero è necessario un intervento significativo dello Stato.
Oggi sono a casa migliaia di persone tra dipendenti e stagionali.
La cassa integrazione per i dipendenti inizia faticosamente ad arrivare in questi giorni, molte aziende non l’hanno potuta anticipare, ed è inoltre difficile l’accesso alla liquidità, che si tratta comunque di una forma di indebitamento.
Sarebbe opportuno che a Roma si preoccupassero delle migliaia di lavoratori che rischiano di finire sul lastrico.
Anselmo Faidit
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