Se dici “pasta” dici Italia, una tradizione secolare
Numerosa è la bibliografia sulla pasta, un alimento insostituibile dell’intera popolazione italiana, un’identità collettiva, uno stereotipo accettato con naturalezza da una comunità nazionale, un cibo che ha travalicato i confini del nostro paese.
Non molte sono le ricerche storiche e sociologiche ben documentate e approfondite su questo alimento e oggi questa lacuna è colmata dal bel libro Il Paese dei Maccheroni. Storia sociale della pasta (Donzelli Editore, Roma, 2019) di Alberto De Bernardi Professore Ordinario di Storia Contemporanea dell’Università di Bologna e dal quale si possono trarre molte considerazioni.
De Bernardi considerando i maccheroni non identifica soltanto una specifica e particolare forma ma un iperonimo che comprende tutte le paste della vasta e antica famiglia delle paste secche di grano duro.
Se la vasta famiglia delle lasagne di paste fresche di grano tenero è femminile, l’altrettanto immensa famiglia dei maccheroni è maschile.
Accanto ai numerosissimi uomini che nel corso dei secoli hanno inventato e costruito le paste secche, pochissime sono le donne e solo studiose e letterate che si sono interessate all’argomento, autrici di libri di cucina, attrici intervenute nella pubblicità ma non facitrici di paste secche.
La caratteristica maschile profondamente inserita nella storia della pasta secca di grano duro è documentata da molti altri elementi, dai ricercatori che hanno sviluppato le varietà del grano duro agli imprenditori che hanno trasformato un alimento artigianale in un prodotto industriale (Agnesi, Barilla, Braibanti, Buitoni, De Cecco, Divella, Garofalo, Petrini, Voiello e tanti altri) dai nomi prevalentemente maschili dei diversi formati di pasta secca (spaghetti, fusilli, maccheroni, paccheri, cannelloni, maccheroni, pici, vermicelli, bucatini, ecc.),
Senza dimenticare la prevalenza maschile dei personaggi che in tempi a noi vicini hanno pubblicizzato le paste secche iniziando da Carosello e dallo sketch di Federico Fellini con l’emblematico richiamo sessuale maschile ai rigatoni e ricordando la frase “maccheroni, io ti distruggo” di Nando Moriconi (Alberto Sordi) nel film Un Americano a Roma di Steno (Stefano Vanzina) (1954).
Nella storia sociale della pasta risulta chiaro il ruolo svolto dalla geografia, una disciplina erroneamente quasi scomparsa, e la ricerca di De Bernardi dimostra il ruolo avuto dalla geografia per i caratteri dei luoghi, iniziando dal clima, sulla nascita e sullo sviluppo delle paste secche e dei condimenti che sono stati usati, da quelli vegetali a quelli d’origine animale.
Altrimenti non ci si potrebbe spiegare l’origine e il successo di condimenti quali il pesto nella Liguria e il cacio e il pomodoro nell’Italia Meridionale.
Particolarmente significativo per lo sviluppo delle paste secche è il caso del laboratorio industriale che si sviluppa tra Gragnano e Torre Annunziata con il ruolo di condizioni geografiche relative alle possibilità di attracco di navigli per l’arrivo delle granaglie, le acque del fiume Sarno come fonte di energia per la molitura e le condizioni orografiche che determinano la direzione e la qualità dei venti per l’essiccazione delle paste con l’origine del distretto industriale.
Molti sono i rivolgimenti sociali che soprattutto in Italia hanno modulato l’immagine e l’uso delle paste secche nel corso dei secoli fino all’ostracismo alla pasta del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e alla riscoperta e valorizzazione compiuta dalla Dieta Mediterranea e alla cucina contemporanea con i grandi cuochi, non dimenticando come ora tra i componenti dei sempre più diffusi buffet un piatto caldo di pasta non manca quasi mai e come la pasta fredda con i più diversi condimenti sia divenuta una preparazione culinaria che caratterizza le nostre estati.
Ancora più interessante è come lo stile street rivoluziona il modo di mangiare la pasta all’italiana raccogliendo la sfida del fast food all’americana e soprattutto il successo che la pasta all’italiana sta avendo in tutto il mondo.
Declinabile in centinaia di modi diversi, la pasta è divenuta uno dei simboli riconoscibili, assieme alla pizza, del cibo italiano e non sono pochi i ristoratori che hanno deciso di abbinare la pasta allo street food, sfidando il predominio di hamburger e hot-dog, abbinando alla pasta prodotti di grande qualità come sughi e condimenti e la velocità tipica dei ristoratori da strada.
Nell’ultimo World Pasta Day (25 ottobre 2019) si constata che la popolazione mondiale ha sempre più fame di pasta e che negli ultimi dieci anni il suo consumo è quasi raddoppiato, da quasi nove a circa quindici milioni di tonnellate annue.
Ogni italiano consuma ventitré chilogrammi di pasta secca l’anno, staccando in classifica Tunisia (sedici chilogrammi), Venezuela (dodici chilogrammi) e Grecia (undici chilogrammi).
Nel mondo è italiano un piatto di pasta su quattro, l’Italia è il leader mondiale della produzione di pasta e ogni anno ne produce quasi tre milioni e mezzo di tonnellate davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia e più della metà della produzione nazionale (il 58%) finisce all’estero (Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti e Giappone) con forti aumenti in Arabia Saudita, (+90%), Emirati Arabi Uniti (+25%), Cina (+22%) e Australia (+16%).
La pasta fa parte della Dieta Mediterranea e il primato italiano è anche dovuto allo sviluppo di nuovi tipi di questo alimento come la pasta integrale o di più cereali con incrementi vicini al 20% e la pasta gluten free e di farine alternative.
Giovanni Ballarini professore emerito della Università degli Studi di Parma
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