A parere dell’Onu i migranti non scappano da guerre e fame
Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno dal 1° gennaio al 28 maggio 2020 sulle nostre coste sono sbarcati illegalmente 4.838 migranti, nello stesso periodo nel 2019 sono stati 1.490 (ovvero il 325% in più).
Di questi 857 provengono dal Bangladesh, 664 dalla Costa d’Avorio e 1254 dal Magreb Marocco-Algeria-Tunisia, 392 dal Sudan. In pratica provengono da paesi ove non c’è guerra e neppure miseria.
Un viaggio in gommone costa da 1.500 a 3.000 dollari mentre un viaggio in poltrona partendo da Tunisi in traghetto costa 60 euro.
Perché allora pagare minimo venti volte di più, con il rischio della vita ed in condizioni disagiate?
Nelle ultime ore 58 migranti sono sbarcati a Porto Empedocle, Agrigento, e trasferiti all’Hotspot di Taranto per le operazioni di identificazione, sono stati arrestati dai poliziotti della Squadra Mobile 7 cittadini di nazionalità tunisina.
Due di essi, di 39 e 40 anni, sono risultati destinatari di ordini di carcerazione: il primo per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale; il secondo per violenza privata, lesioni, ricettazione ed evasione.
Gli ulteriori accertamenti hanno consentono di individuare altri cinque migranti rientrati illegalmente sul territorio italiano.
I sette sono stati condotti al carcere di Taranto.
Di recente è stato pubblicato un dossier delle Nazioni Unite dal quale si deduce che l’immigrazione clandestina è un ottimo business ed un investimento per il futuro.
Così scrive l’Undp (United Nations Development Programme) presentando la ricerca The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europes, realizzata intervistando più di 3mila immigrati provenienti da 43 diversi paesi africani e stabilitisi in 13 paesi europei (ma quasi la metà degli intervistati vive in Spagna e Italia, cioè i due porti di arrivo per il 90% di loro).
Anche questo dossier sfata la propaganda secondo cui gli immigrati scapperebbero da guerre, carestia e povertà in cerca di asilo politico, e quindi ci sarebbe il dovere morale di spalancargli le frontiere.
La realtà che raccontano i diretti interessati, arrivati quasi tutti con i barconi attraverso le rotte gestite dalla criminalità organizzata, è completamente diversa.
Non solo non scappano dalla fame né dalle persecuzioni politiche, ma anzi la metà di loro stava discretamente bene nel paese di origine, il 49% aveva un lavoro, in molti casi uno stipendio maggiore e un livello di istruzione più alto della media dei connazionali.
Il 50% degli immigrati che lavorava, alla domanda se guadagnasse a sufficienza per farcela in Africa, risponde positivamente, addirittura il 12% dice che era in grado anche di mettere via risparmi.
“In Gambia avevo una vita confortevole, non eravamo ricchi ma i nostri genitori si sono assicurati che fossimo istruiti e curati” racconta Mahmadou.
E allora perché pagano cifre elevate per mettersi in viaggio, rischiando anche la pelle?
Risponde Aziz, dal Senegal: “Alla fine tutti vogliamo le stesse cose nella vita: buona salute, lavori dignitosi, opportunità per le nostre famiglie e per noi stessi. E poiché molte persone non sentono di averle in Africa, vengono in Europa”.
Insomma migranti economici, puri e semplici. “La ricerca dimostra che quelli che sono partiti stavano relativamente meglio rispetto ai loro coetanei” si legge nel rapporto.
Quali sono le più importanti motivazioni che ti hanno spinto a partire per l’Europa? chiedono ai migranti intervistati. Il 60% risponde “lavoro/mandare soldi a casa”, il 18% “famiglia, amici”, ma nessuno accenna a situazioni di pericolo in patria o di essere stato costretto.
Il loro è appunto un “investimento”, anche consistente, mediamente di 2700 dollari, finanziati spesso dai parenti, per farsi portare illegalmente in Europa e poi, una volta lì, cercare un lavoro, una fonte di reddito, e quindi mandare soldi alle famiglie in Africa.
Gli investitori nel viaggio che quindi si attendono degli utili, un “return on investment”, Roi, scrive l’Onu utilizzando una espressione finanziaria.
Il valore delle rimesse che il parente immigrato in Europa riesce a mandare a casa (lo fa il 78%) richiederebbe “40 anni per generare un’equivalente posizione economica in patria”, scrive l’Onu.
Quindi il ritorno dell’investimento, per quanto rischioso, è estremamente allettante. La migrazione clandestina può rappresentare “un salto di una generazione in termini di mobilità sociale”.
La ricercatrice Anna Bono, esperta di Africa, è stata la prima in Italia a spiegare che è la classe media africana, urbanizzata e tutto sommato benestante, a partire per l’Europa.
I risultati della indagine dell’Undp confermano che centinaia di migliaia di africani hanno raggiunto l’Europa illegalmente e per non essere respinti hanno mentito sostenendo di essere profughi in fuga da guerre e persecuzioni.
Ennesima conferma, ma questa volta lo scrive una organizzazione fortemente terzomondista e immigrazionista come le Nazioni Unite.
Riccardo Dinoves
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