La Bellanova regolarizza i clandestini e la frutta si perde
Le nostre imprese agricole hanno bisogno di voucher e di semplificazione per l’assunzione di personale, non campagne ideologiche, come quella che sta portando avanti, con la regolarizzazione di immigrati clandestini, il ministro Bellanova.
Per l’agricoltura è un intervento inutile, anzi dannoso perché ha contribuito a descrivere gli agricoltori come degli ‘schiavisti’ che sfruttano le persone.
La regolarizzazione avrà effetto tra l’altro quando buona parte della vendemmia e della raccolta di ortofrutta sarà già terminata.
Basta questo a palesare la scarsa conoscenza delle realtà agricole da parte di un Governo e un ministro che si stanno occupando più di immigrazione che di agricoltura.
L’agricoltura può essere una grande opportunità professionale per tanti cittadini che hanno perso l’occupazione. In molte aziende agricole oggi lavorano ex imprenditori, ex baristi, ex operai che hanno trovato un nuovo impiego in questo settore.
Le associazioni di categoria hanno raccolto migliaia di curricula per un lavoro nei campi.
Intanto crollano i raccolti di frutta estiva con un taglio che varia dal -28% per pesche e nettarine al -56% per le albicocche ma in forte calo sono anche le ciliegie con effetti anche sui prezzi al consumo.
A livello nazionale si stima una produzione di pesche e nettarine ridotta del 28% per un raccolto di quasi 820mila tonnellate che colloca l’Italia in Europa dopo la Spagna mentre il nostro Paese resta primo produttore di albicocche con 136mila tonnellate, un quantitativo che è però più che dimezzato rispetto allo scorso anno (-56%).
A peggiorare la situazione è la previsione complessiva per la produzione di frutta nell’intero Vecchio Continente con una contrazione europea del raccolto del 37% per le albicocche e del 19% per pesche e nettarine rispetto al 2019.
A pesare è la situazione climatica avversa che ha tagliato le produzioni sulle quali gravano peraltro le preoccupazioni per la carenza di lavoratori per le raccolte che potrebbe comportare ulteriori perdite a carico dell’offerta nazionale.
Per gli agricoltori italiani al danno si aggiunge la beffa di essere costretti a lasciare i già scarsi raccolti nei campi per la mancanza di manodopera a seguito della pandemia Covid 19 che ha portato alla chiusura delle frontiere ai lavoratori stranieri, specie dell’area balcanica, che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale in agricoltura per poi tornare nel proprio Paese.
Per questo serve subito una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa ridurre la burocrazia e consentire anche a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università e molte attività economiche sono rallentate e tanti lavoratori sono in cassa integrazione.
Il rischio è che una ridotta diponibilità di frutta nazionale provochi un deciso aumento delle importazioni dall’estero da spacciare come Made in Italy.
Di fronte al pericolo dell’inganno la Coldiretti consiglia di verificare su cartellini ed etichette obbligatori per legge l’origine nazionale, di preferire le produzioni locali che non essendo soggette a lunghi tempi di trasporto garantiscono maggiore freschezza, privilegiare gli acquisti diretti dagli agricoltori, nei mercati di campagna amica e nei punti vendita specializzati anche della grande distribuzione dove è più facile individuare l’origine e la genuinità dei prodotti.
L’Italia è il primo produttore Ue in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne mentre è seconda per la produzione di pesche, nettarine, meloni, limoni, arance, clementine, fragole (coltivate in serra), mandorle e castagne.
Piero Vernigo
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