Ma questa Europa dove va? Cresce la disaffezione italiana
È doveroso chiedersi dove va l’Eiropa perché numerosi sondaggi – il più recente è quello dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) e del Laboratorio di Anali Politiche e Sociali (LAPS) della Università di Siena- mostrano una disaffezione degli italiani nei confronti Ue e delle sue istituzioni.
Nel sondaggio citato, circa il 70% degli intervistati (ed oltre il 60% di quelli che dicono di votare per il Partito Democratico, PD, la forza politica che più si dichiara “europeista” nel panorama politico italiano) sostengono che l’Ue non sta facendo abbastanza per agevolare l’uscita dell’Italia dalla crisi causata dal Covid- 19.
Nonostante che l’Ue abbia presentato proposte nell’arco di quattro settimane (ci vollero quattro anni dopo la crisi finanziaria del 2008-2009) e che la Banca centrale europea (Bce) abbia in atto un programma speciale, di cui si avvantaggia principalmente il nostro Paese, per fornire liquidità e, quindi, calmierare il costo del debito della pubblica amministrazione.
Non so se Next Generatio Ue farà mutare questi orientamenti.
È comunque presto per dirlo perché il percorso di Next Generatio Ue è ancora lungo e tutto in salita.
Le perplessità derivano da quattro determinanti.
La prima è quella che ha fatto maggior effetto sull’opinione pubblica, pure quella che meno segue le questioni europee.
La crisi ha dimostrato che nonostante oltre sessanta anni di lavoro dell’Eurostat (la direzione statistica della Commissione europea) con i suoi circa mille addetti, e degli istituti statistici nazionali non c’è alcuna uniformità né nelle definizioni né nelle rilevazioni nelle statistiche sanitarie di base, essenziali per un minimo di coordinamento all’interno dell’Ue.
All’interno dei singoli Stati dell’Ue, in quelli dove la gestione delle politiche sanitarie è affidata ad enti intermedi (come Regioni e Länder) sono emerse differenze nei tempi di rilevazione ma non nelle modalità e nelle definizioni.
È sorto il sospetto che ciò non sia solo un problema della sanità ma di molti settori.
La seconda riguarda come una delle prime misure per rispondere alla pandemia sia stata l’effettiva sospensione del mercato unico – l’insieme di regole (in primo luogo quelle degli aiuti di Stato) che mettono sullo stesso piano tutte le imprese dell’Ue e consentono così una concorrenza leale e plurale.
Di tale sospensione beneficia principalmente la Germania ed il tessuto produttivo tedesco.
La Germania ha potuto varare un programma di rilancio di mille miliardi di euro (grazie al basso peso del debito della sua pubblica amministrazione rispetto al Pil) ed il Governo federale e quelli dei Länder potranno anche entrare nel capitale di imprese in difficoltà per periodi più o meno lunghi (come già avvenne negli anni dell’unificazione), nonché effettuare fusioni ed acquisizioni ostili nel resto dell’Ue.
La terza riguarda l’unione monetaria.
La teoria economica, e studi recenti pure di economisti del Nord Europa, insegnano che, a fronte di una crisi asimmetrica (quella del Covid-19 lo è essenzialmente nei suoi effetti) senza trasferimenti di fattori di produzione (soprattutto di capitale) dai Paesi meno a quelli più colpiti, un sistema di tassi di cambio fissi od una moneta unica non reggono a lungo. In questi mesi, una crisi dell’euro è evitata dall’azione straordinaria della Bce, della cui durata e consistenza, non c’è certezza.
La quarta riguarda il diritto europeo
La Corte Suprema tedesca ha messo in dubbio – non è la prima volta ma è la più palese- che la Corte di Giustizia Europea abbia la potestà di emettere sentenze in materie che riguardano la Bce ma possono incidere, direttamente o indirettamente, sulla finanza pubblica della Repubblica Federale. In precedenza, la Polonia ha decisamente negato che la Corte di Giustizia Europa abbia preminenza sulla propria Corte suprema.
Mentre la prima di queste determinanti riguarda aspetti di funzionamento tecnico- amministrativo curabili con più stretta collaborazione tra le istituzioni europee e quelle degli Stati membri, le altre tre riguardano i pilastri stessi dell’Ue: il mercato unico, la moneta unica, il diritto europeo.
Ci vuole una grande visione unitamente a riforme ed a senso di compromesso.
La visione non si percepisce, e le riforme ed il senso di compromesso paiono fermarsi a livello basso.
Guglielmo d’Agulto
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