Ennesimo assalto al Primitivo per mero profitto economico
Il progetto più che dalla terra e dalla vigna nasce e si consolida in uno di quei salvadanai capienti e superobesi, con quella pancia che stimola una martellata secca e violenta capace di rompere il coccio con un sol colpo.
Gli artefici si chiamano Bruno Vespa, il quale nei ritagli di tempo ha deciso di trasferirsi, insieme agli eredi Alessandro e Federico, nella Apulia Siticulosa, con l’intento di quadruplicare, e se possibile quintuplicare, in tempi brevi l’ingente capitale investito, e Sandro Boscaini.
Bruno Vespa con la Puglia non c’azzecca nulla essendo nativo de L’Aquila e avendo trascorso quasi tutta la sua esistenza nella capitale, non conoscendo la Puglia non può sapere il legame che unisce i pugliesi alla propria terra, alle proprie origini, alla propria storia, alla propria cultura, tradizioni e abitudini.
Nulla sa dei nostri nonni che si sono rotti la schiena a zappare una terra più dura della pietra, dei nostri genitori che partivano al mattino presto e nella bisaccia mettevano mezza pagnotta di pane, una diecina di pomodori, qualche diavolicchio inzuppato di olio profumato e mezza bottiglia di primitivo che per conservarlo fresco lo immergevano nel pozzo.
Tutto ciò a Vespa & co. sfugge.
Ai Vespa sfuggono le serate trascorse nelle masserie a raccontare storie vere e storie inventate di sana pianta dai fattori, dai massari e dai ualani.
Le masserie sono diventate un simbolo della nostra regione e non sono parallelepipedi privi di anima.
Non abbiamo mai smesso di zappare e di farci abbrustolire dal sole, abbiamo persino concesso l’autorizzazione alla palla di fuoco di scavare solchi sui nostri volti che paiono autostrade splendidamente ritratti dal ruvese Domenico Cantatore.
Per decenni ci siamo preoccupati di zappare e badare alla quantità, poi abbiamo capito che dalla nostra quantità troppi terrieri e cantinieri gonfiavano i conti correnti e così abbiamo trasformato il “miero” in splendido nettare rosso rubino scuro, talmente scuro da sembrare buio pesto.
Abbiamo proseguito a produrre, ma questa volta per il nord invece che le cisterne partivano tir carichi di pallet sui quali poggiavano cartoni artisticamente realizzati contenenti etichette di Primitivo apprezzato nei cinque continenti.
I nostri vignaioli hanno concretizzato un sogno riposto per troppi decenni nell’ultimo cassetto, sono stati superbravi perché a differenza dei cugini francesi e delle tante province della Penisola hanno realizzato quasi tutto da soli senza la dovuta collaborazione della politica e della finanza.
Oggi il Primitivo e la Puglia sono due brand di assoluto prestigio che contribuiscono in maniera cospicua a rafforzare lo stendardo del Made in Italy, due eccellenze apprezzate e ammirate a livello planetario.
Per ingordigia e per disamore nei confronti di un territorio e di una regione è in atto un tentativo di stravolgere cultura, tradizioni e passioni di migliaia di vignaioli che da generazioni zappano e pregano il buon Dio per un raccolto che premi il lavoro di una stagione.
Un’iniziativa che offende uomini laboriosi e territorio incantevole
La Regione Puglia, che non ha saputo ostacolare lo tsunami della Xylella, accoglie a braccia aperte la genialità sul Primitivo da parte di Bruno Vespa e Sandro Boscaini, patron della Masi Agricola che fattura circa 65 milioni di euro con 12 milioni di bottiglie e 32 etichette.
Regione Puglia che tiene talmente a cuore le numerose problematiche quotidiane agricole che dal 2 luglio 2019 si ritrova senza assessore all’Agricoltura, carica ricoperta dal tuttofare presidente Michele Emiliano.
La nuova etichetta “Terregiunte” è una miscela di due territori che nulla hanno in comune visto che l’Amarone della Valpolicella è prodotto a nord di Verona ed il Primitivo di Manduria nel Salento jonico.
È un vino che non unisce alcun territorio, che non condivide neppure un giorno di storia, di cultura, di tradizioni e di linguaggi, si tratta solo di un’operazione di marketing che vede coinvolti due produttori di cui uno, Bruno Vespa, non ha alcun legame con Manduria, con Taranto, il Salento e la Puglia.
Due disciplinari differenti che non consentono fidanzamenti e matrimoni con estranei e forestieri, in quanto i vitigni posseggono colonne vertebrali e personalità proprie e non necessitano di sposalizi forzati e di interessi prettamente economici.
Rimane un’ottima occasione per i politici regionali del Veneto e della Puglia per qualche grammo di pubblicità gratuita visto che il 20 e 21 settembre prossimo pugliesi e veneti tornano alle urne per rinnovare il Parlamento regionale.
bruno galante
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