Mangiare per strada, i pericoli in periodo Covid-19
La via dell’abbondanza dell’antica Pompei era piena di termopolia che vendevano cibi da consumare per strada, nel milleottocento a Napoli i maccheroni si mangiavano per strada come a Palermo il pani câ meusa un panino imbottito con la milza di cavallo, e si può dire che ogni regione italiana aveva e spesso mantiene il suo tipico cibo da strada a forte connotazione identitaria, un tipo d’alimentazione che non manca in altri paesi mediterranei e di tutto il mondo.
Secondo la FAO il cibo di strada (street food) è costituito da cibi e bevande pronti per il consumo venduti e spesso anche preparati in strada o in altri luoghi pubblici come mercatini o fiere, anche da commercianti ambulanti, spesso su un banchetto provvisorio, ma anche da furgoni o carretti e nei centri storici di alcune città italiane in piccoli locali specializzati nella preparazione e vendita di cibi da mangiare in strada.
Nell’ultimo dopoguerra il mangiare per strada è aumentato con la diffusione di mezzi attrezzati per la vendita ambulante dei cibi che dai tricicli dei gelatieri e ai banchetti e carretti sono divenuti Apecar e poi automezzi di diverse dimensioni attrezzati per la preparazione e vendita ambulante di cibi presenti in ogni tipo di manifestazioni.
Una recente forma di distribuzione dei cibi da strada è costituita dai distributori automatici in forte espansione soprattutto nelle stazioni di treni, metropolitane, luoghi di lavoro, ospedali, scuole, centri commerciali ecc. che offrono un servizio ininterrotto sulle ventiquattro ore.
Il consumo di cibo per strada consente di mangiare in modo informale, rapido e meno costoso rispetto al ristorante, trattoria o in altro luogo dove il prezzo del cibo comprende rilevanti spese (affitto, stoviglie, personale di servizio ecc.).
Il mangiare per strada è un posto importante nell’alimentazione umana e secondo stime non recenti della FAO interessa due miliardi e mezzo di persone al giorno.
A rigore di logica non rientra nel mangiare per strada la diffusione di tavole e seggiole sulla strada e piazze come estensioni del servizio fornito all’interno di trattorie e ristoranti.
Molti sono gli aspetti antropologici, culturali, economici e sanitari del mangiare per strada che sono stati oggetto di ricerche e studi ma in questo momento, prescindendo dalla qualità nutrizionale dei cibi da strada, è opportuno segnalare che l’attuale situazione sanitaria e le sue molto probabili conseguenze economiche porterà un ampliamento di questo tipo d’alimentazione con riflessi sanitari di sicurezza alimentare.
Il molto probabile ampliamento del mangiare per strada segue una tendenza non recente e già nel 2016 Coldiretti riscontrava una crescita del 13% rispetto all’anno precedente con 2.271 imprese impegnate in questo settore diversamente distribuite nelle diverse regioni italiane e con la Lombardia in testa (288 imprese e un incremento annuo del 26%) seguita da Puglia (271), Lazio (237), Sicilia (201), Campania (189), Piemonte (187), Veneto (161) e Toscana (142).
Una tendenza all’aumento del mangiare per strada si ritiene possa dipendere da due condizioni: minor costo per cibo e riduzione dei posti a sedere messi a disposizione da trattorie, ristoranti e fast food.
Se il mangiare per strada è un’indubbia opportunità durante una recessione economica, è anche un pericolo in una condizione post-pandemica, soprattutto perché si tratta di una condizione alimentare già a rischio, come dimostrano le ricerche sui livelli sanitari di questo tipo di alimentazione eseguite in diversi paesi ad esempio in Italia a Roma (Quaranta G., Nardone I, Laurenti P. – Street food safety in Rome, Italy – Ig. Sanità Pubbl. 2, sett. – ott. 2016, pag. 429 – 441) e a Parigi (Czarniecka-Skubina E., Trafiałek J., Wiatrowski M., Głuchowski A. – An Evaluation of the Hygiene Practices of European Street Food Vendors and a Preliminary Estimation of Food Safety for Consumers, Conducted in Paris. – J Food Prot. 2018 Oct;81(10):1614-1621).
Tutte le ricerche dimostrano infatti condizioni di criticità non solo sulla qualità degli alimenti (spesso cibi spazzatura o junk food) ma soprattutto per i rischi sanitari che riguardano diversi ambiti, dalla produzione ma soprattutto durante il consumo.
Durante la preparazione degli alimenti numerosi sono i rischi sanitari segnalati anche dalla FAO non tanto in relazione ai cibi stessi, quanto ai luoghi e alle condizioni ambientali nei quali sono preparati e o trasportati e non sempre sono attuate le necessarie modalità di preparazione atte a prevenire la proliferazione di patogeni, lo sviluppo di tossine con processi di preparazione adeguati a eliminare i rischi alimentari o ridurli a livelli considerati accettabili.
Anche le modalità di preparazione e confezionamento non sempre garantiscono che i cibi non siano suscettibili di contaminazioni successive.
Altri se non maggiori rischi del cibo da strada derivano dal fatto che questo modo di mangiare è strettamente legato al fenomeno del cibo da asporto (take away/take-out) e ad altri fenomeni di consumo informale di cibo, come gli snack, gli spuntini, il fast food, il pranzo al sacco e ai finger food, tutti cibi che sono mangiati con le mani, a differenza del cibo mangiato con un coltello e una forchetta, bacchette o altri utensili.
Inoltre il mangiare che avviene per strada o in altre condizioni ambientali similari rende impossibile avere le mani pulite, lavarsele prima di mangiare e pare altrettanto difficile mangiare usando guanti di protezione o dopo aver disinfettate le mani con un gel antisettico, come necessario in condizioni di rischi di pandemia e post-pandemia.
Giovanni Ballarini Presidente Accademia Italiana della Cucina
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