Scontro tra Confindustria e Governo, serve un nuovo patto
Statalismo e assistenzialismo rischiano di far morire di asfissia il nostro sistema socio-economico.
È l’ora di un nuovo Patto per l’Italia, da concertare con tutte le forze produttive del Paese, a cominciare dai giovani e dalle donne.
Non usa troppi giri di parole Carlo Bonomi che, aprendo la sua prima assemblea annuale come Presidente di Confindustria, rinviata da maggio a ieri, a causa della pandemia, esorta il Governo a non perdere altro tempo sulla strada della ripresa.
Rinunciare al Mes è un danno grave per l’Italia e diventa fondamentale spendere bene i 209 miliardi del Recovery Fund. “Altrimenti – avverte Bonomi – non va a casa solo il Governo Conte, ma andiamo a casa tutti, perché in quel caso il danno per il Paese sarebbe immenso e lo pagheremmo tutti per anni a venire, e non possiamo permettercelo”.
Nel mirino del numero uno di viale dell’Astronomia c’è in primo luogo l’assistenzialismo coltivato dall’esecutivo.
“Aderire allo spirito dell’Ue – dichiara – significa avere una visione diversa dei sussidi per sostenere i settori in difficoltà. Nel lockdown il governo ha assunto misure di sostegno alla liquidità delle imprese e di rifinanziamento al fondo Pmi. Ma i sussidi non sono per sempre, né vogliamo diventare un Suddistan. Per le filiere produttive non sussidi, ma condizioni regolatorie e di mercato tali da tornare ad accrescere produzione e occupazione”.
A frenare la ripresa, a detta di Bonomi, sono soprattutto i bonus distribuiti a pioggia nel sud Italia.
“In Italia – dice – abbiamo accumulato negli anni una lista molto numerosa di incentivi e bonus per il Sud, e ciascuno di essi non ottiene i risultati indicati all’atto del varo. E’ dunque sconsigliabile aggiungere altri bonus a tempo, ma bisogna inquadrare le risorse a questo scopo in pochi strumenti incisivi e nuovi, mirati ad aggredire i fattori che rappresentano il freno prevalente all’attrattività degli investimenti, le infrastrutture sia fisiche che digitali e la legalità”.
E il reddito di cittadinanza, secondo lui, ha fallito e va rivisto nel contesto di una riforma generale degli ammortizzatori sociali ispirata al varo di vere politiche attive del lavoro.
Anche perché, secondo le stime del Centro Studi di Confindustria, anche la prima metà del 2021 risulterà complessa e difficile per l’occupazione. Ma le staffilate di Bonomi a Conte non finiscono qui.
Il Presidente di Confindustria invoca un’”operazione verità sui conti pubblici”: “Non si scorge ancora una prospettiva solida di interventi che diano sostenibilità al maxi-debito pubblico italiano il giorno in cui la Bce dovesse terminare i suoi interventi straordinari sui mercati, grazie ai quali oggi molti si illudono che il debito non sia più un problema. Come ci ha ricordato ancora una volta Mario Draghi, nella crisi la differenza non è tra più o meno debito, ma tra quello ‘buono’ e quello ‘non buono’. Il primo rende il debito meglio sostenibile attraverso meno spesa corrente, ma con più investimenti che alzino la produttività e riforme strutturali che estendano mercato e lavoro creando più coesione sociale. L’unico ‘debito buono’ è quello utilizzato a fini produttivi”.
Secondo Bonomi le politiche assistenzialistichemesse in campo da questo governo finiscono per concentrare sui giovani le più aspre disuguaglianze di reddito, lavoro e prospettive sociali.
C’è poi bisogno, è sempre il pensiero di Bonomi, di un’equiparazione tra autonomi e dipendenti anche per quanto riguarda il regime fiscale, superando steccati ideologici ormai vetusti: “Perché passare alla tassazione diretta mensile solo per i 5 milioni di autonomi – si chiede il Presidente degli industriali – Facciamo lo stesso per tutti i lavoratori dipendenti, sollevando le imprese dall’onere ingrato di continuare a svolgere la funzione di sostituti d’imposta addetti alla raccolta del gettito erariale e di essere esposte alle connesse responsabilità. Sarebbe una bella prova che lo Stato metta tutti sullo stesso piano – dice Bonomi facendo riferimento all’evasione presunta di autonomi e dipendenti – senza più alimentare pregiudizi divisivi a seconda della diversa percezione del reddito”. Anche perché “Inps e Istat stimano che in Italia ci siano fino a 3 milioni di evasori fiscali tra gli autonomi e altrettanti tra i dipendenti”.
In ambito pensionistico il presidente degli industriali auspica soluzioni non penalizzanti per i giovani e sulle gare pubbliche chiede maggiore trasparenza e concorrenza.
“In Italia – lamenta – abbiamo fatto passi indietro sulla concorrenza delle gare pubbliche, stiamo tornando a un uso massiccio dell’affidamento diretto. Ancora non sappiamo i termini con cui sono avvenuti gli affidamenti per 2,4 milioni di nuovi banchi nelle scuole”.
I cahiers de doléances degli imprenditori per quanto riguarda le politiche del governo sono dunque molto ricchi, e lo si era peraltro capito fin dall’insediamento di Bonomi alla guida di Confindustria.
Se l’esecutivo metterà da parte le divisioni interne e le questioni di piccolo cabotaggio per sposare fino in fondo le ragioni della ripresa economica e quindi dell’impresa, il Recovery plan potrà davvero rappresentare uno spartiacque per uscire dalla palude e rilanciare la competitività internazionale del Paese.
Altrimenti si rivelerà un’occasione persa e non è detto che ve ne possano essere altre.
Piero Vernigo
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