La sberla delle tasse italiane penalizza le nostre famiglie
Se potessimo contare su una pressione fiscale pari a quella media europea, ogni famiglia italiana risparmierebbe 1.506 euro di tasse all’anno. La CGIA è giunta a questo risultato comparando la pressione fiscale di tutti i 28 paesi dell’UE.
Dopodiché, ha calcolato quanto pagherebbe in più o in meno di tasse una famiglia media italiana se subisse la pressione fiscale del paese europeo oggetto del confronto.
Avendo registrato una pressione fiscale superiore di 2,2 punti percentuali rispetto al dato medio dell’Unione, nel 2019 ogni famiglia italiana avrebbe risparmiato 1.506 euro.
Con la prossima legge di Bilancio è necessario un intervento choc che nel giro di qualche anno riduca di almeno 3-4 punti percentuali la pressione fiscale.
Chi ritiene che siano sufficienti solo 10 miliardi si sbaglia di grosso: questa cifra è insufficiente. Per il 2021 è necessaria una contrazione di almeno 20 miliardi di euro e questo obbiettivo potrà essere raggiunto solo se si riuscirà ad abbassare, di pari importo, la spesa pubblica improduttiva e una parte delle agevolazioni fiscali. Compiere questa operazione, comunque, non sarà per niente facile.
Negli ultimi 10 anni, infatti, la spending review non ha prodotto risultati apprezzabili, mentre il numero delle deduzioni e delle detrazioni fiscali è aumentato a dismisura, soprattutto in questo periodo di Covid.
Un peso tributario eccessivo come quello presente nel nostro Paese costituisce un problema sia perché alleggerisce la disponibilità economica di tante famiglie e di altrettante imprese sia perché drena risorse che altrimenti
Con un carico fiscale così eccessivo e una platea di servizi erogati dalla nostra Pubblica amministrazione che negli ultimi anni è scesa sia in termini di qualità che di quantità, questa situazione ha contribuito a determinare una contrazione della domanda interna e un crollo degli investimenti pubblici.
Ma oltre a tagliare le tasse è altrettanto importante semplificare il nostro sistema fiscale. Pagare le imposte è diventato sempre più difficile: lo dicono gli esperti, come i commercialisti e i tecnici delle associazioni di categoria.
Figuriamoci come la pensano i piccoli imprenditori che oltre a occuparsi della propria attività, spesso sono chiamati a misurarsi con una burocrazia fiscale astrusa e scriteriata che non ha eguali nel resto d’Europa.
Stando agli ultimi dati disponibili (media anno 2019), la pressione fiscale in Italia si è fermata al 42,4 % del Pil, in aumento rispetto al 2018 di 0,7 punti percentuali.
Questo incremento è avvenuto dopo 5 anni di costante riduzione del carico fiscale.
Dopo il picco massimo di tutti i tempi toccato nel 2013, il peso di tasse e contributi ha cominciato a scendere, in particolar modo con l’esecutivo guidato da Renzi che, tra le altre cose, ha eliminato l’Imu sulla prima casa e ha alleggerito il costo del lavoro dei neo assunti.
Cosa succederà quest’anno? Premesso che con la pubblicazione della Nota di aggiornamento al DEF prevista nei prossimi giorni avremo contezza della soglia raggiunta quest’anno, abbiamo l’impressione che la pressione fiscale sia destinata ad aumentare ulteriormente. Non tanto perché sono state ritoccate all’insù le aliquote, cosa che infatti non è avvenuta, ma perché registreremo una caduta verticale del Pil più significativa della contrazione registrata dalle entrate.
Ricordiamo che la pressione fiscale è data dalla somma delle entrate tributarie e di quelle contributive; il risultato di questa operazione deve poi essere rapportato al Pil e, successivamente, moltiplicato per 100.
Tra i 28 paesi che nel 2019 costituivano l’Unione europea, l’Italia si è classificata al sesto posto per quanto riguarda il peso della pressione fiscale in percentuale del Pil.
La Danimarca presenta il carico fiscale più importante (47,6%), seguono la Francia (47,3%), il Belgio (45,5%), la Svezia (43%) e l’Austria (42,9%).
Il sesto posto di questa particolare graduatoria è occupato dall’Italia che nel 2019 ha registrato una pressione fiscale del 42,4%.
Se tra i nostri principali competitor la Germania presenta un peso fiscale complessivo del 41,6%, il Regno Unito e la Spagna, entrambe con un carico fiscale complessivo del 35,2%, possono addirittura contare su un differenziale di 7,2 punti di tasse in meno rispetto al nostro Paese.
Con le tasse di Spagna o Regno Unito, una famiglia italiana risparmierebbe quasi 5.000 euro all’anno
Se nel confronto con la pressione fiscale media dell’UE riferita all’anno scorso (40,2%) una famiglia italiana avrebbe pagato1.506 euro in meno di tasse, nella comparazione con il carico fiscale in capo alla Germania, invece, avrebbe risparmiato 548 euro, con quella dei Paesi Bassi il vantaggio sarebbe stato di 2.123 euro, con il Regno Unito e la Spagna avrebbe addirittura potuto beneficiare di una sforbiciata pari a 4.930 euro.
Sempre tra i grandi paesi d’Europa, spicca il risultato che emerge dal raffronto con la Francia.
Se in Italia avessimo la stessa pressione fiscale di Parigi (47,3%), la famiglia media italiana pagherebbe 3.355 euro di tasse in più e addirittura 3.561 euro se il confronto venisse effettuato con la Danimarca, che è il paese con la pressione fiscale più alta di tutta Europa (47,6%).
Oltre ad avere la pressione fiscale tra le più elevate d’Europa, l’Italia è il Paese, assieme al Portogallo, dove pagare le tasse è più difficile, in particolar modo per le aziende.
Secondo le ultime statistiche elaborate dalla Banca Mondiale (Doing Business 2020), i nostri imprenditori “perdono” 30 giorni all’anno (pari a 238 ore) per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le imposte dovute; per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e per presentarle all’Amministrazione finanziaria; per effettuare il pagamento on line o presso le autorità preposte.
In Francia per espletare le incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono necessari solo 17 giorni (139 ore), in Spagna 18 (143 ore) e in Germania 27 (218 ore), mentre la media dell’Area dell’Euro è di 18 giorni (147 ore).
I dati si riferiscono auna media impresa (società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con circa 60 addetti. L’anno di riferimento è il 2018.
Arnaud Daniels
Commenti
La sberla delle tasse italiane penalizza le nostre famiglie — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>