Sull’Europa grava lo spettro della “bolla” immobiliare
Sul mercato immobiliare globale si aggira lo spettro di una bolla, e in Europa il rischio è più accentuato: specie in alcune città tedesche, come Monaco e Francoforte, ma anche a Parigi ed Amsterdam, i prezzi di case e appartamenti sono infatti particolarmente elevati.
Lo rivela lo studio annuale UBS Global Real Estate Bubble Index 2020, in cui UBS Global Wealth Management ha preso in esame i prezzi degli immobili residenziali in 25 grandi città del mondo.
Nell’Eurozona il pericolo di una bolla immobiliare è aumentato, ma l’unica città italiana in classifica, Milano, secondo gli esperti di Ubs presenta ancora valutazioni eque.
Diverso il discorso per altre grandi metropoli europee: la graduatoria vede in testa Monaco e Francoforte, seguite da vicino da Parigi, Amsterdam, Zurigo e Londra.
In molte di queste città i prezzi sono saliti di oltre il 5% negli ultimi quattro trimestri, ma i punteggi dell’indice sono aumentati in tutte le città dell’Eurozona prese in esame, con valutazioni che sono già le più alte al mondo.
Secondo lo studio, gli squilibri stanno aumentando ulteriormente sulla scia di costi di finanziamento estremamente bassi, che non sono in linea con la forza delle economie locali.
In particolare, i prezzi a Francoforte e Monaco sono più che raddoppiati nell’ultimo decennio.
Al contrario,Londra ha registrato il secondo più debole sviluppo dei prezzi di tutte le città analizzate dal 2016: la capitale britannica resta in territorio sopravvalutato, ma i problemi di accessibilità economica, l’incertezza politica e un contesto fiscale e normativo più severo stanno esercitando un’ulteriore pressione sui prezzi delle abitazioni.
“Ci aspettiamo che gli acquirenti stranieri approfittino della sterlina più debole e dei prezzi più bassi, sostenendo così il livello dei prezzi a medio termine”, spiegano gli esperti.
Nelle città asiatiche e americane, invece, la crescita dei prezzi, con l’eccezione di Sydney, è rimasta in un range a singola cifra medio-bassa.
Madrid, San Francisco, Dubai e Hong Kong sono le uniche città ad avere registrato un calo dei prezzi.
Risale al 2006 l’ultima volta in cui si è registrato un minor numero di città con una crescita dei prezzi negativa.
I mercati immobiliari si sono dimostrati resilienti durante la pandemia, e secondo lo studio le ragioni principali sono tre.
Anzitutto, i prezzi delle abitazioni sono un indicatore economico retrospettivo e riescono a riflettere una recessione economica solo con un certo ritardo.
In secondo luogo, la maggior parte dei potenziali acquirenti di immobili non ha subito perdite di reddito dirette nel primo semestre del 2020.
In terzo luogo, i governi hanno sostenuto i proprietari di immobili in molte città durante i periodi di lockdown: i sussidi per l’edilizia abitativa sono stati aumentati, le tasse sono state ridotte e le procedure di pignoramento sono state sospese.
Tuttavia, le prospettive restano incerte, così come è difficile stabilire con esattezza “l’influenza che l’aumento della disoccupazione e le fosche prospettive di reddito delle famiglie avranno sui prezzi degli immobili”, osserva Mark Haefele, chief investment officer di UBS Global Wealth Management, secondo cui “è chiaro che l’attuale accelerazione non è sostenibile nel breve periodo.
Le locazioni sono già diminuite nella maggior parte delle città, il che indica che probabilmente emergerà una fase di correzione quando i sussidi verranno meno e la pressione sui redditi aumenterà”.
La domanda principale è infatti questa: i prezzi delle case in città potranno continuare a crescere anche nei prossimi mesi?
Per Haefele “da un lato rimangono in vigore i principali fattori di apprezzamento dell’edilizia abitativa urbana, ovvero opportunità di lavoro e servizi superiori, bassi costi di finanziamento e crescita limitata dell’offerta.
Dall’altro, la pandemia sembra accelerare lo spostamento della crescita demografica dalle città alle aree metropolitane”. Pesano anche le nuove abitudini nate proprio nei mesi del lockdown.
“L’ascesa del telelavoro mette in discussione la necessità di vivere vicino ai centri urbani, e la pressione sui redditi delle famiglie fa sì che molte persone si trasferiscano in zone suburbane più accessibili”, sottolinea Claudio Saputelli, head of real estate di UBS Global Wealth Management.
“Inoltre, le città già indebitate o economicamente più deboli dovranno rispondere a questa crisi economica con aumenti delle tasse o tagli alla spesa pubblica, nessuno dei quali è di buon auspicio per i prezzi degli immobili.
Considerati nel loro insieme, questi fattori rendono probabili alcuni effetti negativi a lungo termine sulla domanda di alloggi urbani”.
In particolare Milano dovrà dimostrare di saper uscire dalla crisi. “Nonostante gli effetti della pandemia, il mercato immobiliare milanese continua a essere molto resiliente e abbiamo assistito addirittura a un aumento dei prezzi dell’1,5% nel corso degli ultimi quattro trimestri”, spiega Paolo Federici, market head di UBS Global Wealth Management in Italia.
“Se da un lato l’incremento del telelavoro e l’impatto del covid-19 sul turismo e sui grandi eventi hanno avuto ripercussioni negative sul centro città e spinto la domanda verso aree semicentrali, dall’altro continuerà a esserci una richiesta di abitazioni nell’area metropolitana, a condizione che la ripresa economica in corso a Milano non rallenti”.
Niccolò Rejetti
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