Le prossime elezioni americane a parere di Pechino
Le elezioni americane sono uno degli eventi internazionali maggiormente oggetto di osservazione e di dibattito in Cina.
Costituiscono innegabilmente una delle priorità della politica estera cinese, al di là dell’andamento altalenante che le caratterizza, fin dall’avvio di relazioni diplomatiche ufficiali, nel gennaio 1979.
Gli Stati Uniti rappresentano una variabile per molti capitoli dell’agenda politica, sia interna sia esterna, di Pechino (diritti umani, Taiwan, Mar Cinese Meridionale, tanto per citarne alcuni).
Ben si comprende l’attenzione riposta dalla leadership di Pechino ai due candidati che si confrontano per le imminenti elezioni americane, in un periodo in cui le relazioni tra le due parti hanno raggiunto i “minimi storici”.
«Il confronto sta diventando conflitto e può finire in un esito disastroso per l’umanità», ammoniva Henry Kissinger lo scorso novembre in un discorso tenuto a Pechino e rivolto ad entrambe le amministrazioni.
Dietro un clima di calma apparente, c’è un acceso dibattito in corso all’interno dell’establishment della politica estera cinese su quale tra i due candidati possa rappresentare il classico “male minore” per la RPC.
Sia Donald Trump che John Biden hanno definito la Cina una minaccia centrale per gli interessi degli Stati Uniti, al di là delle connessioni personali di entrambi con il leader cinese Xi Jinping, delle quali si sono spesso vantati in passato, per poi prenderne le distanze via via che la pandemia rivelava tutta la sua gravità, ed emergevano le responsabilità di Pechino relativamente alle omissioni iniziali sul virus.
Ciò detto, laddove la retorica trumpiana è ben nota a Pechino, quella di Biden è oggetto di maggiore riflessione.
Per quanto la campagna di quest’ultimo sia percepita, anche in Cina, come un’offerta agli elettori americani di un “ritorno alla normalità”, questo stesso ritorno non si prospetta tale nell’ambito delle relazioni con la RPC; in altre parole, è probabile che Pechino si aspetti cambiamenti nello stile, ma non nella sostanza della politica statunitense nei prossimi quattro anni.
Non a caso, a dispetto di quanto afferma Trump, secondo il quale Pechino starebbe facendo il tifo per Biden per continuare ad affossare l’economia statunitense attraverso pratiche commerciali scorrette, le posizioni in Cina sono assai meno nette.
Al contrario, alcuni studiosi riportano come molti cinesi comuni auspichino una vittoria di Trump, in quanto funzionale alla continua ascesa del loro Paese. Come è noto, la Cina punta, nel lungo periodo, a sostituirsi agli Stati Uniti nel ruolo di superpotenza egemone a livello globale e ambisce a rifondare l’ordine mondiale secondo caratteristiche proprie.
Una conferma della preferenza di Pechino per Trump risiederebbe, secondo alcuni osservatori, nel rispetto della tregua commerciale siglata il 15 gennaio 2020, l’accordo sulla cosiddetta “Fase uno”. Il fatto che la Cina stia cercando di sostenere l’accordo con gli Usa, con l’acquisto di soia e cereali, sarebbe una chiara dimostrazione dell’interesse a sostenere Trump; l’impegno cinese è assai significativo per il presidente americano, in termini di risultati da esibire nei confronti degli agricoltori statunitensi, duramente colpiti dalla guerra commerciale, che rappresentano un segmento elettorale fondamentale.
Secondo un articolo di Cnn Business dell’agosto scorso, pur essendo il commercio la causa principale degli attriti tra i due Paesi negli ultimi anni, di fatto è l’unica cosa che funziona nel rapporto bilaterale.
Viceversa, una nuova amministrazione democratica potrebbe lavorare nel tentativo di ripristinare una politica estera “tradizionale” in grado di riportare gli Stati Uniti al loro ruolo di guida della comunità internazionale e di difensore del sistema internazionale, il che rende Joe Biden un candidato meno desiderabile per Pechino.
Ovviamente, la Cina non è un monolite, ma al suo interno esistono visioni contrastanti.
Molti cinesi, appartenenti all’élite di coloro che hanno la fortuna di studiare e viaggiare in Occidente, sono colpiti dal livello di antagonismo raggiunto tra le due superpotenze, e auspicano una vittoria di Biden, nella speranza di un ripristino dei programmi culturali, educativi e di altro tipo.
Questa speranza trova concordi molti esponenti del mondo accademico (ma non solo) statunitense.
Per quanto la condanna delle politiche cinesi sia diventata trasversale nel dibattito pubblico statunitense, la Cina non è più solo una questione di politica estera nelle prossime elezioni, ma è diventata una sorta di problema quasi esistenziale, in quanto con il suo virus mette a rischio la vita stessa degli americani, con le sue pratiche scorrette ostacola l’economia nazionale e compete con gli Stati Uniti per la leadership globale.
Riccardo Dinoves
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