Italia sempre più esclusa dalle decisioni in Europa
Gli attacchi di Parigi, Nizza e Vienna sembrano aver scosso l’Europa dal torpore del “politicamente corretto” in materia di terrorismo jihadista.
Sicurezza delle frontiere e revisione dell’accordo di Schengen, legami tra terrorismo e immigrazione irregolare: sono questi i punti principali della nuova agenda europea emersi nel corso del vertice in videoconferenza che si è svolto tra il presidente francese, Emmanuelle Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, e il premier olandese, Mark Rutte, con la partecipazione di esponenti dell’Unione Europea.
Un passo in avanti?
Solo apparentemente.
Si tratta invece di significativi passi indietro, che ci riportano al biennio 2018-2019, quando contro i leader e i partiti politici che proponevano la linea della “ragione” sul rispetto e il controllo dei confini a protezione dell’Europa, è stata riservata un’ostilità senza precedenti, tra i cui esiti c’è stata l’infausta imposizione in Italia della “gestione PD” della sicurezza in rapporto alla questione migratoria.
Macron all’epoca era diventato, non meno della Merkel, l’eroe dei fautori della politica dei “porti aperti” e ha avuto Nizza come risultato.
Escludere l’Italia dalla videoconferenza anti-terrorismo, richiesta proprio dall’Eliseo, segnala dunque una presa di distanza che ha tutto il sapore dell’ipocrisia, poiché quanto seminato è stato infine ottenuto.
D’altro canto, per l’Italia si tratta di un’ulteriore dimostrazione del suo status, ormai pienamente acquisito, di soggetto passivo delle relazioni internazionali, dal momento che si troverà a doversi conformare a decisioni prese ancora una volta in consessi e luoghi dai quali viene deliberatamente tenuta ai margini.
Ciò ben venga, se favorirà una decisa inversione di tendenza rispetto alle politiche attuali su temi cruciali quali sicurezza, immigrazione e integrazione, sebbene il governo rosso-giallo non manifesti alcuna intenzione di cambiare rotta.
Le risposte fornite dal ministro dell’interno, Luciana Lamorgese, nel corso della conferenza stampa con il suo omologo francese, Gérald Darmanin, sono un inno all’inconsistenza: “È necessario prevedere”, “Un piano che dovrebbe prevedere”, “Ci stiamo lavorando”, “Cercheremo di renderle operative quanto prima”.
Nessuna assunzione di responsabilità, naturalmente, nel caso di Brahim Aoussaoui, passato in 10 giorni da Lampedusa a Nizza via Bari, e per il fallimento degli accordi di “cooperazione” con la Tunisia; mentre i nord-africani fuggiti dal centro per i rimpatri di Ponte Galeria a Roma, giunti in Italia mesi fa sugli ormai famosi barconi e già segnalati inequivocabilmente come soggetti radicalizzati, ci raccontano di un paese che continua a importare insicurezza senza battere ciglio.
Al di là delle frasi di circostanza su prevenzione e lotta alla propaganda terroristica su Internet, la priorità evidente resta quella dell’“accoglienza”, che rischia di diventare sempre più un business di “famiglia”, con milioni e milioni di euro destinati all’affitto di nuove navi per le quarantene, “servizi di mediazione linguistico-culturale” e al resto dell’indotto.
Non importa se poi le risorse per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica dovuta alla pandemia scarseggiano.
È questo il mandato ricevuto, conformemente alla linea di governo e di partito.
Un mandato che si riflette anche sul silenzio rigorosamente mantenuto su un altro tema caldo di attualità, come il contrasto all’islamismo in Europa.
Terrorismo e radicalizzazione jihadista prendono le mosse dalla politicizzazione della religione islamica, che è il marchio di fabbrica dei Fratelli Musulmani e degli Stati che li sostengono: Qatar e Turchia di Erdogan.
In Francia, la legge sul “separatismo” ha nel mirino proprio le enclave fondamentaliste create dalle reti dei Fratelli Musulmani, che hanno in pugno le seconde e terze generazioni in territorio francese.
In Germania, da tempo i servizi di sicurezza mettono in guardia dal pericolo rappresentato dalla presenza nel paese di numerosi militanti della Fratellanza. In Austria, dopo l’attacco terroristico di Vienna, il cancelliere Kurz ha dichiarato apertamente guerra al cosiddetto islam “politico”, con raid contro abitazioni e strutture legate ai Fratelli Musulmani e l’arresto di militanti.
Mentre dalla Corte europea dei diritti dell’uomo è appena giunta una condanna per le violazioni della libertà di stampa in Turchia: un colpo inferto alla dittatura di Erdogan, che si è posto alla testa della recente offensiva islamista sfociata nel terrorismo.
Da Roma, invece, il governo rosso-giallo continua a ignorare del tutto l’argomento, per quanto riguardi pienamente anche l’Italia, sollevando ulteriori interrogativi e preoccupazioni sulle sue politiche in materia di sicurezza, immigrazione e integrazione.
Salvarico Malleone
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