Farneto del Principe con lo sguardo rivolto al domani
La giornata del vignaiolo in Toscana, specie nel Chianti, oppure in Piemonte, in particolare nelle Langhe, è un tantino più spensierata di quella di un vignaiolo calabrese.
Probabilmente per tale motivo in Calabria tra il 2017 ed il 2000 si è registrato un calo della superficie vitata di poco più di 7.800 ettari ed oggi in Calabria gli ettari vitati sono circa 10.600 ettari ove si imbottigliano 9 DOC e 10 IGT.
Dei 9 milioni di ettolitri ricavati i vini rossi e rosati sono l’80 percento ed i bianchi il 20 percento.
Dopo lustri di immobilismo pressoché totale il comparto vitivinicolo calabrese lancia segnali incoraggianti di ripresa con nuove idee e coraggiose iniziative da parte delle nuove generazioni che hanno compreso la ricchezza che può generare un ettaro di vigna.
Nuove proposte, nuovi investimenti, utilizzando al meglio i moderni strumenti di marketing e della comunicazione ma soprattutto puntando sulla valorizzazione del sostanzioso patrimonio di vitigni autoctoni che cominciano ad essere conosciuti e apprezzati in tutta la penisola e anche oltre.
Il territorio impervio e disagevole della regione lo rende particolarmente affascinante dal punto di vista paesaggistico, accarezzato dalle onde del Tirreno e dello Jonio che si congiungono sulle spiagge reggine.
Una delle aziende che ha creduto ed ha scommesso sulle bacche rosse e bianche è la famiglia Paladino che da generazioni tramandano l’amore e la dedizione alla terra.
L’azienda agricola ubicata ad una manciata di chilometri dal delizioso borgo medioevale di Altomonte, Cosenza, gode di un microclima favorevolissimo in quanto in linea retta è pressoché equidistante dal Mar Tirreno, dal Mar Jonio e dalle cime del Pollino.
Per diversi lustri l’azienda di famiglia ha seguito il comparto faunistico (colombi, fagiani, quaglie prima e bovini, maiali, cinghiali e conigli poi) e per soddisfare il fabbisogno aziendale si acquistavano terreni destinati al foraggio e al seminativo, qualcosa lo si lasciava per i filari d’uva destinati al fabbisogno familiare e per qualche amico sui quali dominavano i vitigni autoctoni.
Graziano Paladino come attività dominante segue quella della libera professione, geometra nello specifico, ma nel cuore brilla la fiamma del nettare caro agli dei.
Con l’avvento del Terzo Millennio decide di invertire rotta e di sperimentare la strada del vino. Nel 2003 vengono attaccate le prime etichette alle bordolesi sulle quali è stampato il logo “Farneto del Principe”.
Il riscontro è talmente positivo che a partire dalla stagione successiva principia la riconversione agraria ed una serie di vitigni autoctoni comincia ad impossessarsi dei migliori ettari dei Paladino.
Primavera dopo primavera prima il Magliocco Dolce, il Guarnaccia bianca, e poi Montonico Bianco, Calabrese e Gaglioppo diventano i dominatori di cento ettari in pochi anni.
Altra data impressa a caratteri indelebili è il 2006, anno in cui si taglia il nastro alla cantina, un caveau dotato di attrezzature super tecnologiche in grado di ospitare oltre 4.000 ettolitri.
Passano gli anni anche per Graziano e sulla soglia dell’azienda si affacciano gli eredi presi per mano da Giulio e così Francesco, Antonella e Jessica si immergono a capofitto nelle tematiche e nelle problematiche aziendali.
Stilano un regolamento che prevede al punto 1 un binario dal quale non si deve deragliare per alcuna ragione: Qualità.
Qualità da perseguire, da inseguire, da sostenere 24h/giorno e per 365 giorni l’anno.
Un calendario perpetuo insostituibile.
Giulio segue maggiormente l’aspetto commerciale e di marketing dell’Azienda Agricola ed è colui che legge con maggiore attenzione il termometro del mercato nazionale ed estero.
“Produrre vino in Calabria è un percorso intriso di ostacoli e strettoie, se poi gli obiettivi sono quelli di una produzione che si posizioni tra le eccellenze allora vi è una progressione geometrica di rogne e grattacapi. Circa 100.000 bottiglie annue vengono immesse sul mercato dalla Cantina Farneto del Principe, però le nostre potenzialità sono di gran lunga superiori. Imbottigliare per il gusto di imbottigliare non ci interessa, siamo continuamente alla ricerca di nuovi mercati in grado di apprezzare e consumare il nostro vino”.
Lo sguardo non è proiettato solo sull’export.
“Decisamente no, al momento il 50 percento è destinato all’estero il resto rimane nella Penisola, di cui oltre la metà non valica i confini regionali.Nei programmi vi è un incremento delle vendite nel centro-nord del Paese ed un grosso impegno ad entrare nel mercato statunitense, qualora centriamo questi due obiettivi in tempi brevi allora si potrà proseguire con maggiore speditezza”.
Intanto si amplia di continuo la lista dei vostri estimatori.
“Abbiamo ottenuto ottimi risultati con il rosso, il nostro terreno è particolarmente votato per la vigna, godiamo delle brezze marine dello Jonio e del Tirreno, è meravigliosamente ventilato e a ciò bisogna aggiungere la presenza costante di sole e calore. Esempio lampante ne è la vendemmia appena conclusa, un’annata strepitosa durante la quale abbiamo utilizzato poco zolfo e poco rame. Ma soprattutto possiamo contare sulla collaborazione e sui suggerimenti che ci fornisce il nostro enologo. Fabio Mecca oltre che fregiarsi di una professionalità che pochi possono vantare in Italia, ha la gran peculiarità di possedere una innata comunicatività che rende più semplice e comprensibile i messaggi tecnici che trasmette”.
Tra l’altro siete tra i pionieri del biologico in Calabria.
“Decisamente sì. Collaboriamo con Fabio sin dal 2015 e lui ha sempre incoraggiato il nostro intento del biologico. Siamo riusciti a fare squadra e ritengo questo sia uno dei principali motivi del nostro successo”.
Un altro particolare è quello della cantina.
“Già, in cantina entriamo solo noi. Non consentiamo e nessuno di metterci piede, siamo fortemente gelosi”.
State per realizzare il sogno del cassetto.
“Le nostre bacche bianche sono di qualità superiore e da tempo stiamo riflettendo e studiando sulla metodologia da applicare, ora siamo a buon punto e contiamo di proporre un nostro spumante tra pochissime stagioni. Ci crediamo tanto e siamo sicuri che potrà essere apprezzato da estimatori, intenditori e appassionati”.
Come al solito dovete fare tutto da soli, la PA è indaffarata altrove.
“Ci siamo abituati a contare esclusivamente sulle nostre energie, questa è la realtà”.
Intanto rimaniamo in attesa di conoscere qualcosa in più su questa vendemmia 2020.
bruno galante
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